Domenica delle Palme Anno B (28 marzo 2021)

Fissiamo lo sguardo sulla Croce

È la domenica delle Palme e della Passione del Signore, chiamata dalla liturgia «preludio alla Pasqua del Signore». Con i ramoscelli di ulivo abbiamo acclamato a Gesù: «Lode a te o Cristo, Re di eterna gloria. Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele! Osanna nell’alto dei cieli» (cf Mt 21,9). Lo abbiamo riconosciuto Re e Messia, abbiamo proclamato e accettato il suo primato nella nostra vita e nella storia, la sua regalità che è servizio agli uomini.

La Parola che abbiamo ascoltato ci ha presentato, nella prima lettura, il servo del Signore, che ha scelto la via dell’obbedienza a Dio, della nonviolenza, sicuro dell’assistenza premurosa ed efficace di Dio. Questo Servo sarà benedizione e salvezza per il suo popolo. Paolo, nel famoso inno della Lettera ai cristiani di Filippi che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, collega in maniera inscindibile l’umiliazione e l’obbedienza di Gesù fino alla morte, alla sua esaltazione, di modo che  «ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre».

Ebbene, Gesù, il Messia, oggi fa il suo ingresso solenne e regale a Gerusalemme. Da re pacifico, cavalca un puledro tra una folla osannante. Questa stessa folla, che oggi lo acclama, lo esalta, griderà poi, al cospetto di Pilato: «Crocifiggilo».  

Al termine del racconto della passione, l’evangelista ci dice che il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù esclamarono: «Davvero costui era Figlio di Dio!» (cf Mt 27,54). È la professione di fede davanti al Crocifisso, che non è soltanto il condannato, il reietto, ma è il Redentore innalzato da terra e glorificato. La liturgia così loda il Padre: «Nella potenza ineffabile della croce splende il giudizio sul mondo e il potere regale di Cristo crocifisso» (cf Prefazio della Passione del Signore I).

Il mistero di morte e di glorificazione che contempleremo nei giorni del triduo pasquale nei suoi vari aspetti, oggi ci è presentato in mirabile unità nella ricchezza della liturgia che stiamo celebrando.

La liturgia di questa domenica, dunque, ci invita a meditare sulla passione del Signore, nello scandalo della croce. Le celebrazioni di questa settimana, chiamata santa, ossia giovedì, venerdì e sabato, ci aiuteranno a comprendere meglio questo messaggio, che era «scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (cf 1Cor 1,23), ma che è la manifestazione dell’amore di Dio per noi, ed è invito perenne a entrare e rimanere nell’amore di Cristo, obbedendo alla sua parola.

Commento al Vangelo della IV Domenica di Avvento Anno B (20 dicembre 2020)

Maria, porta del vangelo

Duemila anni fa a Betlemme di Giudea è nato il Messia promesso da Dio. Egli fu atteso per quasi due millenni da un popolo prodigiosamente guidato dall’alto. Su questo Messia convergono tutte le testimonianze delle Scritture e, a questo Messia, Dio ha appoggiato tutta la storia umana. Il nome del Messia è Gesù. Egli, che per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel grembo della Vergine Maria, facendosi uomo, si è presentato come Figlio di Dio ed ha chiesto di credere alla sua parola in forza delle opere che egli compiva. E noi, in quanto cristiani, crediamo in lui, perché senza di lui tutto è assurdo e opaco.

In questa ultima domenica di Avvento vogliamo definire gli atteggiamenti giusti per poter ripensare il suo Natale. E non possiamo trovare strada migliore di quella di Maria: perché è la strada, che Dio stesso ha scelto per venire tra noi. Maria di Nazareth, infatti, è la creatura ideale davanti a Dio. Ella attende nel silenzio di Nazareth: Maria è una donna raccolta, attenta a leggere la vita in profondità, serena, aperta al mistero. E noi siamo attenti a leggere la vita in profondità? Siamo aperti al mistero? Oggi chi rivive il raccoglimento di Nazareth? Chi sa crearsi spazi di deserto per stare con Dio? Chi possiede un cuore in pace, serenamente aggrappato alla sicurezza della bontà di Dio? Chi è attento ai segni della volontà di Dio negli avvenimenti di ogni giorno?

Tra la prima lettura e il vangelo c’è un salto di mille anni. La prima lettura ci presenta Natan che parla a Davide in nome di Dio e dice: «La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre». Israele lesse questa profezia in senso messianico e maturò la certezza che da Davide sarebbe nato il Messia.

Maria conosceva questa Scrittura. Infatti bastarono pochi riferimenti dell’angelo per farle capire tutto ciò che stava accadendo.

Sì, Maria davvero conosceva le Scritture! Chi di noi oggi ha tempo per leggere le Scritture? Quale cristiano oggi legge assiduamente le Scritture lasciandosi formare dalla Sapienza che viene da Dio? Quale famiglia ha l’abitudine di pregare col vangelo e sente suo primo dovere l’impegno di guidare i figli alla conoscenza delle Scritture? Oh, quanto sarebbe più limpida e gioiosa la vita della famiglia se dessimo meno tempo alla televisione, al cellulare e più tempo alle Scritture!

Un altro motivo di riflessione: Maria non è un’ingenua, non è una sprovveduta: neppure davanti a Dio! Ella chiede all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Questa domanda non nasce dal dubbio, né dalla volontà di vedere tutto chiaro: nasce soltanto dal desiderio di capire la volontà di Dio per seguirla. Maria è stupenda anche in questo: è modello per noi. Quante volte noi siamo pigri nella fede, lasciamo discorsi incompiuti con Dio, facciamo un passo avanti e due indietro!

Quante volte il dubbio appanna la strada della fede e ci impedisce di sentire la pace nella volontà di Dio! Quante volte seguiamo la volontà di Dio finché coincide con la nostra e quante volte chiamiamo volontà di Dio ciò che ci fa comodo! Dobbiamo fare verità dentro di noi: nella radice dei nostri comportamenti.

Maria è infine consapevole della sua piccolezza: non per falsa umiltà, ma perché Ella ha coscienza lucida dell’assoluta incapacità umana dinanzi alla salvezza. Maria sa che solo Dio può dare la gioia: per un dono libero, gratuito, mai meritato da nessuno.

L’uomo può soltanto mettersi in condizione di ricevere il dono: ma la salvezza resta sempre un dono, un regalo. Per questo all’angelo risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». È in questo preciso istante che lo Spirito di Dio si poserà su Maria in modo tale che Ella potrà dare carne e sangue a un figlio non nato da volontà umana, a una creatura che è «opera di Dio», è Figlio di Dio!

Ebbene sì, Dio in Gesù sceglie di diventare l’Emmanuele, il Dio-con noi (cf Is 7,14; Mt 1.22-23). «L’eterno si fa mortale, il celeste si fa terrestre, l’invisibile si fa visibile, il divino si fa umano, e tutto questo attraverso una donna credente, in attesa di Dio» (Ippolito di Roma).

Ed infine confrontiamo l’atteggiamento di Maria con l’orgoglio di oggi. Quanta presunzione c’è oggi! Quanta sicurezza! Quanta autosufficienza! Oggi gli uomini sono arrivati a rinnegare Dio oppure a dichiararlo inutile e superfluo. Maria, invece, è come un fiore aperto al sole: sa che senza luce non può vivere ed allora implora umilmente la Luce, grata sempre per essere illuminata.

Presto è Natale: ritroviamo il silenzio, preghiamo con la Scrittura, riconosciamoci mendicanti di una gioia che solo Dio può dare. In questi atteggiamenti il Natale ci sboccerà nel cuore come dono gratuito di Dio e faremo esperienza della stessa gioia che provò Maria nel giorno meraviglioso dell’Annunciazione.

Inchiniamoci, come ha fatto l’angelo, davanti a Maria affinché Ella, che è la porta del vangelo, ci aiuti ad accogliere la parola del Figlio suo che oggi è stato concepito nel suo grembo. 

8 dicembre: solennità dell’Immacolata Concezione

Ave, piena di grazia!

Oggi la chiesa ci fa festeggiare la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria. Ma che cosa dice la Bibbia riguardo a Maria? Nel libro della Genesi abbiamo ascoltato il racconto del peccato originale. Con questo racconto l’autore intendeva spiegare lo stato d’inclinazione al male in cui ogni uomo si trova, e di cui facciamo esperienza ogni giorno. Noi sappiamo che Dio ci ha creati liberi e, in quanto liberi, tante volte voltiamo le spalle al Creatore. Però, oltre alla disobbedienza di Adamo ed Eva, abbiamo anche ascoltato un particolare molto importante del racconto: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». Questo è un chiaro riferimento a Maria santissima, a colei che donerà al mondo Gesù, vincitore del peccato e della morte.

San Paolo nella lettera ai Galati scrive: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (cf Gal 4,4). Che cosa significa? Significa che l’Unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, è disceso dal cielo per noi uomini e per la nostra salvezza facendosi uomo nel grembo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo. Gesù, dunque, è venuto nel mondo per dirci che il Padre ci ama e ci perdona perché è misericordioso; è venuto a dirci che se noi riconosciamo i nostri peccati, ci pentiamo e ci convertiamo Dio, che è più grande del nostro peccato (cf Papa Francesco, Udienza generale, 30 marzo 2016), non si ricorderà più delle nostre colpe e delle nostre iniquità (cf Eb 10,17) poiché esse diventeranno bianche come la neve (cf Is1,18). E in cambio, che cosa ci chiede? Lo abbiamo udito, nella seconda lettura, da san Paolo: «essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità». Siamo consapevoli che in quanto fragili, da soli non riusciremo mai a realizzare il progetto di Dio. Per questo l’Onnipotente ci ha dato un modello da seguire e imitare: Maria la quale, con il suo «», ha dato il suo assenso al progetto di Dio.

Maria era un’adolescente fra tante altre che viveva a Nazareth, paesino sperduto della Galilea, mai ricordato nella Bibbia prima dell’Annunciazione. A Nazareth, in una casa per metà scavata in una roccia, un’umile fanciulla vive, come le sue coetanee, la sua vita quotidiana di lavoro, fatica, ma anche di fede e di attesa.

Maria, come ogni pia ebrea, conosceva la storia del suo popolo. Conosceva le promesse fatte da Dio ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, a Mosè, a Davide… Maria conosceva il libro di Isaia ed il famoso oracolo: «La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (cf Is 7,14). Conosceva le profezie della consolazione (sempre nel libro di Isaia) nelle quali si dice: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici» (cf Is 11,1).

Ma dove e quando si compirà la profezia? E in particolar modo chi sarà la prescelta?

Nel vangelo abbiamo ascoltato che «l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria». L’angelo, annota Luca, si rivolge a Maria chiamandola non per nome ma «piena di grazia» ed ella, anche se in un primo momento, nell’udire queste parole «fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo», pur rimanendo libera e nel buio della fede risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». Fu certamente un momento stupendo! Ma non fu semplice!

Pensiamo quando giunge l’ora della croce. Pietro ha rinnegato il Maestro, Giuda ha tradito, tutti gli altri sono fuggiti… Resta solo Giovanni e una donna: «Gesù allora, vedendo la madre che stava presso la croce e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”» (cf Gv 19,26). In quel momento doloroso che cosa disse Maria? Forse rivide la scena dell’Annunciazione, ricordò le tappe di una maternità che conobbe la stalla, le paure, la fuga, il nascondimento, l’incomprensione e sicuramente, in cuor suo, avrà detto: «sia fatta la tua volontà, avvenga secondo la tua parola». Possiamo dire, dunque, che l’Annunciazione e la Croce formano un solo momento.

Per questa fedeltà, per questo eroismo Maria ha il diritto di essere Madre dei credenti. Maria è veramente la «figlia di Sion» e appare esemplare per tutti noi. Origene, commentando il brano dell’Annunciazione, esclama: «A che mi giova confessare il Cristo che viene nella carne, se non viene nella mia carne?». Ciò significa che come Dio si è fatto carne in Maria così deve diventare presenza in noi, ovvero, se noi accogliamo il seme della Parola di Dio in noi attraverso l’ascolto obbediente come ha fatto Maria, se noi come lei sappiamo vivere l’attesa di Dio, allora la nostra vita, di per sé sterile, si riempie della presenza di Cristo.

Ebbene, la festa di oggi ci invita a guardare Maria, Madre di Gesù, colei che, come disse il beato Pio IX nel 1854 «è stata preservata da ogni macchia di peccato». Il suo celeste candore ci attiri verso Dio, aiutandoci a superare la tentazione di una vita mediocre, fatta di compromessi con il male, per orientarci decisamente verso l’autentico bene, Cristo Risorto, che è sorgente di gioia e di salvezza.

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