Memoria della Beata Vergine del Santo Rosario

Nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine del Santo Rosario, invochiamo la nostra Mamma celeste con le stupende parole scritte dal beato Barolo Longo…

O Augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del Cielo e della Terra, o Regina gloriosa del Rosario, noi devoti figli tuoi, con confidenza di figli ti esprimiamo le nostre miserie.
Dal Trono di clemenza, dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo
pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo.
Vedi, o Madre, quante calamità ed
afflizioni ci costringono.
O Madre, implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino.
O Regina di pace e di perdono, il Bambino che vediamo sulle tue ginocchia e la mistica Corona che
miriamo nella tua mano, ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera
fra le madri.
O Rosario benedetto di Maria, Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di
amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, a te l’ultimo bacio della vita che si spegne.
E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del
Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti.
Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Amen.
Salve, Regina.

Beato Rolando Rivi. Il martire bambino

Racconto del martirio del Beato Rolando Rivi – seminarista

Quando Rolando tornava a casa da Messa con la talare la mamma diceva:
“Rolando togliti la veste, è pericoloso girare con quell’abito.”
Ma lui rispondeva:
“Mamma non posso. E’ il segno che sono di Gesù. Non faccio del male a nessuno.”
Quando in chiesa pregava, davvero lui parlava con Gesù. Non si toglieva mai la talare. Non si vergognava mai della sua vocazione e ne parlava sempre a tutti con entusiasmo. “Qual dono grandissimo Dio mi ha fatto di poter diventar prete” diceva.
Erano passati pochi giorni dalla Pasqua, era la mattina del 10 aprile 1945 e Rolando anche quella mattina era andato alla Messa presto, aveva suonato l’organo e cantato con altri alla Messa.
Si era trattenuto alquanto in preghiera e poi, fuori, aveva dato appuntamento ai presenti per la mattina dopo. Si sarebbero reincontrati.
Il papà era anche lui a messa, poi tornarono a casa. Rolando dice di andare nel solito boschetto vicino a casa a studiare, come ogni mattina; non voleva perdere tempo e desiderava studiare come fosse in seminario.
All’ora di pranzo Rolando non è tornato. Il papà si preoccupa, lo va a cercare ma trova nel bosco i libri sparpagliati a terra ed un biglietto: Non cercatelo, viene con noi, i partigiani. Il papà torna a casa, lo dice alla moglie la quale si dispera. Comprendono che Rolando è stato rapito.
Lo portarono lontano, ore di cammino per sentieri nascosti, fino a Monchio. Lo rinchiusero in un vecchio casolare fuori paese, ora era prigioniero di alcuni giovani partigiani comunisti. Fu chiuso nella porcilaia.
Gli urlarono dietro: “Sei una spia dei fascisti.”
Lo presero a schiaffi, gli sputarono addosso, lo frustarono con la cinghia, lo deridevano: “ECCO IL PRETINO.”
Questo per tre giorni, fino al venerdì.
Un giovane di 17 anni della banda si impietosì e disse: “Lasciamolo andare, gli abbiamo già dato una bella lezione.”
Un altro del gruppo disse: “Taci se non vuoi fare la sua stessa fine.”
Desiderano che rinneghi Gesù, che dica bestemmie, ma Rolando nulla di tutto questo: “Io non ho fatto nulla di male. Io sono seminarista. Io mi faccio prete… Io… sono di Gesù.”
Decidono di ucciderlo, dopo tre giorni di torture: “Domani avremo così un prete in meno.”
Sta per farsi sera, gli legano le mani dietro la schiena, lo portano in un boschetto alle piane di Monchio. E’ stremato Rolando, piange, prega, ormai ha capito, lo mettono vicino alla fossa che sarà la sua prima tomba.
Ultimo desiderio: “Voglio pregare per mio papà e mia mamma.”
Si inginocchia sull’orlo della fossa e prega. Due colpi di rivoltella: uno alla testa, l’altro al cuore.
Un ultimo pensiero a Gesù, e poi la fine.
Con poche palate e un po’ di foglie sopra lo hanno subito sepolto.
La veste da prete diventa subito un pallone con cui giocano, poi, così arrotolato e sgualcito appendono l’abito sotto un portico di una casa di contadini lì vicina come trofeo, quasi a dire, chi è come lui sappia che farà la stessa fine.
Un odio che raggela il sangue. Come si può arrivare a tanto?
Papà Roberto e il cappellano lo cercano, e un partigiano che li incontra racconta loro che hanno ucciso il seminarista.
Quel partigiano fa vedere la rivoltella a papà Roberto e gli dice: “L’ho ucciso io, con questa non si può sbagliare e non si soffre molto. L’ho ucciso qui, l’ho ucciso io, ma sono perfettamente tranquillo.”
E’ la sera del 14 aprile 1945. Rolando aveva appena 14 anni.

8 dicembre: solennità dell’Immacolata Concezione

Ave, piena di grazia!

Oggi la chiesa ci fa festeggiare la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria. Ma che cosa dice la Bibbia riguardo a Maria? Nel libro della Genesi abbiamo ascoltato il racconto del peccato originale. Con questo racconto l’autore intendeva spiegare lo stato d’inclinazione al male in cui ogni uomo si trova, e di cui facciamo esperienza ogni giorno. Noi sappiamo che Dio ci ha creati liberi e, in quanto liberi, tante volte voltiamo le spalle al Creatore. Però, oltre alla disobbedienza di Adamo ed Eva, abbiamo anche ascoltato un particolare molto importante del racconto: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». Questo è un chiaro riferimento a Maria santissima, a colei che donerà al mondo Gesù, vincitore del peccato e della morte.

San Paolo nella lettera ai Galati scrive: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (cf Gal 4,4). Che cosa significa? Significa che l’Unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, è disceso dal cielo per noi uomini e per la nostra salvezza facendosi uomo nel grembo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo. Gesù, dunque, è venuto nel mondo per dirci che il Padre ci ama e ci perdona perché è misericordioso; è venuto a dirci che se noi riconosciamo i nostri peccati, ci pentiamo e ci convertiamo Dio, che è più grande del nostro peccato (cf Papa Francesco, Udienza generale, 30 marzo 2016), non si ricorderà più delle nostre colpe e delle nostre iniquità (cf Eb 10,17) poiché esse diventeranno bianche come la neve (cf Is1,18). E in cambio, che cosa ci chiede? Lo abbiamo udito, nella seconda lettura, da san Paolo: «essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità». Siamo consapevoli che in quanto fragili, da soli non riusciremo mai a realizzare il progetto di Dio. Per questo l’Onnipotente ci ha dato un modello da seguire e imitare: Maria la quale, con il suo «», ha dato il suo assenso al progetto di Dio.

Maria era un’adolescente fra tante altre che viveva a Nazareth, paesino sperduto della Galilea, mai ricordato nella Bibbia prima dell’Annunciazione. A Nazareth, in una casa per metà scavata in una roccia, un’umile fanciulla vive, come le sue coetanee, la sua vita quotidiana di lavoro, fatica, ma anche di fede e di attesa.

Maria, come ogni pia ebrea, conosceva la storia del suo popolo. Conosceva le promesse fatte da Dio ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, a Mosè, a Davide… Maria conosceva il libro di Isaia ed il famoso oracolo: «La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (cf Is 7,14). Conosceva le profezie della consolazione (sempre nel libro di Isaia) nelle quali si dice: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici» (cf Is 11,1).

Ma dove e quando si compirà la profezia? E in particolar modo chi sarà la prescelta?

Nel vangelo abbiamo ascoltato che «l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria». L’angelo, annota Luca, si rivolge a Maria chiamandola non per nome ma «piena di grazia» ed ella, anche se in un primo momento, nell’udire queste parole «fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo», pur rimanendo libera e nel buio della fede risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». Fu certamente un momento stupendo! Ma non fu semplice!

Pensiamo quando giunge l’ora della croce. Pietro ha rinnegato il Maestro, Giuda ha tradito, tutti gli altri sono fuggiti… Resta solo Giovanni e una donna: «Gesù allora, vedendo la madre che stava presso la croce e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”» (cf Gv 19,26). In quel momento doloroso che cosa disse Maria? Forse rivide la scena dell’Annunciazione, ricordò le tappe di una maternità che conobbe la stalla, le paure, la fuga, il nascondimento, l’incomprensione e sicuramente, in cuor suo, avrà detto: «sia fatta la tua volontà, avvenga secondo la tua parola». Possiamo dire, dunque, che l’Annunciazione e la Croce formano un solo momento.

Per questa fedeltà, per questo eroismo Maria ha il diritto di essere Madre dei credenti. Maria è veramente la «figlia di Sion» e appare esemplare per tutti noi. Origene, commentando il brano dell’Annunciazione, esclama: «A che mi giova confessare il Cristo che viene nella carne, se non viene nella mia carne?». Ciò significa che come Dio si è fatto carne in Maria così deve diventare presenza in noi, ovvero, se noi accogliamo il seme della Parola di Dio in noi attraverso l’ascolto obbediente come ha fatto Maria, se noi come lei sappiamo vivere l’attesa di Dio, allora la nostra vita, di per sé sterile, si riempie della presenza di Cristo.

Ebbene, la festa di oggi ci invita a guardare Maria, Madre di Gesù, colei che, come disse il beato Pio IX nel 1854 «è stata preservata da ogni macchia di peccato». Il suo celeste candore ci attiri verso Dio, aiutandoci a superare la tentazione di una vita mediocre, fatta di compromessi con il male, per orientarci decisamente verso l’autentico bene, Cristo Risorto, che è sorgente di gioia e di salvezza.

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