8 maggio: Supplica alla Madonna di Pompei, Regina del santo Rosario

SUPPLICA ALLA VERGINE DEL SANTO ROSARIO DI POMPEI

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

O Augusta Regina delle Vittorie, * o Sovrana del Cielo e della Terra, * al cui nome si rallegrano i cieli e tremano gli abissi, * o Regina gloriosa del Rosario, * noi devoti figli tuoi, * raccolti nel tuo Tempio di Pompei, (in questo giorno solenne *) (1) effondiamo gli affetti del nostro cuore * e con confidenza di figli * ti esprimiamo le nostre miserie. Dal Trono di clemenza, * dove siedi Regina, * volgi, o Maria, * il tuo sguardo pietoso * su di noi, sulle nostre famiglie, * sull’Italia, sull’Europa, sul mondo. * Ti prenda compassione * degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. * Vedi, o Madre, * quanti pericoli nell’anima e nel corpo, * quante calamità ed afflizioni ci costringono. O Madre, * implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino * e vinci con la clemenza * il cuore dei peccatori. * Sono nostri fratelli e figli tuoi * che costano sangue al dolce Gesù * e contristano il tuo sensibilissimo cuore. * Mostrati a tutti quale sei, * Regina di pace e di perdono.

Ave, o Maria…

(1) Solo l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.

È vero * che noi, per primi, benché tuoi figli, * con i peccati * torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù * e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore. Lo confessiamo: * siamo meritevoli dei più aspri castighi, * ma Tu ricordati * che, sul Golgota, * raccogliesti, col Sangue divino, * il testamento del Redentore moribondo, * che ti dichiarava Madre nostra, * Madre dei peccatori. Tu dunque, * come Madre nostra, * sei la nostra Avvocata, * la nostra speranza. * E noi, gementi, * stendiamo a te le mani supplichevoli, * gridando: Misericordia! O Madre buona, * abbi pietà di noi, * delle anime nostre, * delle nostre famiglie, * dei nostri parenti, * dei nostri amici, * dei nostri defunti, * soprattutto dei nostri nemici * e di tanti che si dicono cristiani, * eppur offendono il Cuore amabile del tuo Figliuolo. * Pietà oggi imploriamo * per le Nazioni traviate, * per tutta l’Europa, * per tutto il mondo, * perché pentito ritorni al tuo Cuore. Misericordia per tutti, * o Madre di Misericordia!

Ave, o Maria…

Degnati benevolmente, o Maria, * di esaudirci! * Gesù ha riposto nelle tue mani * tutti i tesori delle Sue grazie * e delle Sue misericordie. Tu siedi, * coronata Regina, * alla destra del tuo Figlio, * splendente di gloria immortale * su tutti i Cori degli Angeli. * Tu distendi il tuo dominio * per quanto sono distesi i cieli, * e a te la terra e le creature tutte * sono soggette.* Tu sei l’onnipotente per grazia, * Tu dunque puoi aiutarci. * Se Tu non volessi aiutarci, * perché figli ingrati ed immeritevoli della tua protezione, * non sapremmo a chi rivolgerci. * Il tuo cuore di Madre, * non permetterà di vedere noi, * tuoi figli, perduti. * Il Bambino che vediamo sulle tue ginocchia * e la mistica Corona che miriamo nella tua mano, * ci ispirano fiducia che saremo esauditi. * E noi confidiamo pienamente in te, * ci abbandoniamo come deboli figli * tra le braccia della più tenera fra le madri, * e, oggi stesso, * da te aspettiamo le sospirate grazie.

Ave, o Maria…

Chiediamo la benedizione a Maria

Un’ultima grazia * noi ora ti chiediamo, o Regina, * che non puoi negarci (in questo giorno solennissimo*) (1). * Concedi a tutti noi * l’amore tuo costante * e in modo speciale la materna benedizione. Non ci staccheremo da te * finché non ci avrai benedetti. * Benedici, o Maria, in questo momento * il Sommo Pontefice. * Agli antichi splendori della tua Corona, * ai trionfi del tuo Rosario, * onde sei chiamata Regina delle Vittorie, * aggiungi ancor questo, o Madre: * concedi il trionfo alla Religione * e la pace alla umana Società. * Benedici i nostri Vescovi, * i Sacerdoti * e particolarmente tutti coloro * che zelano l’onore del tuo Santuario. * Benedici infine tutti gli associati al tuo Tempio di Pompei * e quanti coltivano e promuovono * la devozione al Santo Rosario. O Rosario benedetto di Maria, * Catena dolce che ci rannodi a Dio, * vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, * torre di salvezza negli assalti dell’inferno, * porto sicuro nel comune naufragio, * noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, * a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra * sarà il nome tuo soave, * o Regina del Rosario di Pompei, * o Madre nostra cara, * o Rifugio dei peccatori, * o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, * oggi e sempre, * in terra e in cielo. * Amen.

Salve, Regina.

(1) Solo l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.

Commento al Vangelo della IV Domenica del Tempo Ordinario Anno B (28 gennaio 2024)

Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male!

Il Vangelo di questa domenica fa parte della più ampia narrazione indicata come la “giornata di Cafarnao”. Al centro dell’odierno racconto troviamo l’evento dell’esorcismo, attraverso il quale Gesù è presentato come profeta potente in parole e in opere.

Egli entra nella sinagoga di Cafarnao di sabato e si mette a insegnare; le persone rimangono stupite delle sue parole – «erano stupiti del suo insegnamento» -, perché non sono parole ordinarie, non assomigliano a quanto loro ascoltano di solito. Gli scribi, infatti, insegnano ma senza avere una propria autorevolezza. Gesù, invece, insegna come uno che ha autorità, rivelandosi così come l’Inviato di Dio, e non come un semplice uomo che deve fondare il proprio insegnamento solo sulle tradizioni precedenti.

Al tempo stesso, Gesù si rivela potente anche nelle opere. Nella sinagoga di Cafarnao c’è un uomo posseduto da uno spirito immondo, che si manifesta gridando queste parole: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Il diavolo dice la verità: Gesù è venuto per rovinare il diavolo, per rovinare il demonio, per vincerlo. Questo spirito immondo conosce la potenza di Gesù e ne proclama anche la santità. Gesù lo sgrida, dicendogli: «Taci! Esci da lui!». Queste poche parole di Gesù bastano per ottenere la vittoria su Satana, il quale esce da quell’uomo «straziandolo e gridando forte».

Questo episodio impressiona molto i presenti i quali «furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”». La potenza di Gesù conferma l’autorevolezza del suo insegnamento. Egli non pronuncia solo parole, ma agisce. L’insegnamento di Gesù, infatti, non è fatto solo di parole, ma si esprime anche attraverso azioni e gesti autorevoli. Per questo l’evangelista racconta il miracolo di guarigione ed esattamente la liberazione di una persona dal demonio. Secondo il Vangelo il demonio non è un simbolo, ma una persona realissima e orientata liberamente contro Dio. Anche oggi l’esistenza del demonio si percepisce da tantissimi indizi. Non solo dalla possessione diabolica (che esiste ed è verificabile), ma da tante assurde forme di schiavitù, nelle quali l’uomo cade distruggendo la propria dignità. Pensiamo al denaro, al potere, al successo: siamo disposti a colpire tutto e tutti pur di raggiungere il nostro scopo! Purtroppo molti dicono che il demonio non c’è, non esiste; e per certi aspetti fa comodo pensare che non esista. Ma il Vangelo è chiaro: il demonio c’è ed esiste. A tal proposito il papa san Paolo VI diceva: «coloro che non credono nell’esistenza del demonio, sappiano che si ammala anche chi non crede nella malattia!».

Ebbene, il racconto narrato da Marco fa notare che l’uomo posseduto dal demonio frequentava la sinagoga, cioè frequentava il luogo ufficiale della preghiera. Evidentemente questa notizia, riportata dal Vangelo, ci ricorda che non esiste luogo che possa automaticamente rendere buona o cattiva una persona: la bontà o la cattiveria dipendono dal cuore, dalla coscienza, dalle opere. Non riteniamoci buoni soltanto perché frequentiamo la chiesa: la bontà non si acquista respirando l’aria della chiesa, ma vivendo il Vangelo che ascoltiamo nella chiesa. E per conquistare questa bontà è necessaria una lotta: una lotta contro Satana, che opera anche all’interno della chiesa; e, quasi sicuramente, nella chiesa opera con più gusto e con più accanimento!

Nel Padre nostro, preghiera insegnataci dal nostro Salvatore, diciamo: «non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male». Il male è il demonio e noi possiamo essere liberati dalla sua schiavitù solo se abbiamo fede in Cristo Gesù, «profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo» (cf Lc 24,19); solo se noi ascoltiamo e mettiamo in pratica la sua Paola; solo se noi ci nutriamo del suo Santissimo Corpo.

Cristo, dunque, manifesta il progetto di Dio con le parole e con la potenza delle opere. Egli, nostro Maestro, potente in parole e opere, ci comunica tutta la luce che illumina le strade, a volte buie, della nostra esistenza; ci comunica anche la forza necessaria per superare le difficoltà, le prove, le tentazioni. Gesù è un Maestro e un Amico, che ci indica la strada e si prende cura di noi, specialmente quando siamo nel bisogno.

La Vergine Maria, donna dell’ascolto, ci aiuti a fare silenzio attorno e dentro di noi, per ascoltare, nel frastuono dei messaggi del mondo, la parola più autorevole che ci sia: quella del suo Figlio Gesù, che annuncia il senso della nostra esistenza e ci libera da ogni schiavitù, soprattutto da quella del Maligno. Amen!

 

Commento al Vangelo della XXI Domenica del Tempo Ordinario Anno A (27 agosto 2023)

Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!

Il Vangelo di questa domenica ci riporta un passaggio-chiave nel cammino di Gesù con i suoi discepoli: il momento in cui Egli vuole verificare a che punto è la loro fede in Lui. Prima vuole sapere che cosa pensa di Lui la gente: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?»; e i discepoli, annota l’evangelista, rispondono: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Vale a dire che la gente pensa che Gesù sia un profeta, cosa che è vera, ma non coglie il centro della sua Persona, non coglie il centro della sua missione. Poi, pone ai discepoli la domanda che gli sta più a cuore, cioè chiede loro direttamente: «Ma voi, chi dite che io sia?». E con quel «ma» Gesù stacca decisamente gli Apostoli dalla massa, come a dire: ma voi, che siete con me ogni giorno e mi conoscete da vicino, che cosa avete colto di più? Il Maestro aspetta dai suoi una risposta differente rispetto a quelle dell’opinione pubblica. Anche oggi Cristo si rivolge a noi con la stessa domanda che fece agli apostoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». Da veri cristiani rispondiamogli con generosità e audacia. Diciamogli: Gesù, io so che hai dato la tua vita per me. Voglio seguirti con fedeltà e lasciarmi guidare dalla tua parola. Tu mi conosci e mi ami. Io mi fido di te e metto la mia intera vita nelle tue mani. Voglio che Tu sia la forza che mi sostiene, la gioia che mai mi abbandona. Io so che «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Sì! Simon Pietro, con quella confessione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», si ritrova sulle labbra parole più grandi di lui, parole che non vengono dalle sue capacità naturali ma che sono ispirate dal Padre celeste. L’evangelista Matteo scrive che Gesù, rivolgendosi a Simon Pietro gli dice: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». Dio Padre ha rivelato al primo dei Dodici la vera identità di Gesù: Egli è il Messia, il Figlio di Dio, colui che per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Colui che un giorno verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti. E da questa risposta, Gesù capisce che, grazie alla fede donata dal Padre, c’è un fondamento solido su cui può costruire la sua comunità, la sua Chiesa. Perciò dice a Simone: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Anche con noi, oggi, Gesù vuole continuare a costruire la sua Chiesa, questa casa con fondamenta solide ma dove non mancano le crepe, e che ha continuo bisogno di essere riparata. La Chiesa non è una semplice istituzione umana, come qualsiasi altra, ma è strettamente unita a Dio. Lo stesso Cristo si riferisce ad essa come alla «sua» Chiesa. Non è possibile separare Cristo dalla Chiesa, come non si può separare la testa dal corpo (cf 1Cor 12,12). La Chiesa non vive di se stessa, bensì del Signore. Egli è presente in mezzo ad essa, e le dà vita, alimento e forza.

Noi certamente non ci sentiamo delle rocce, ma solo delle piccole pietre. Tuttavia, nessuna piccola pietra è inutile, anzi, nelle mani di Gesù la più piccola pietra diventa preziosa, perché Lui la raccoglie, la guarda con grande tenerezza, la lavora con il suo Spirito, e la colloca nel posto giusto, che Lui da sempre ha pensato e dove può essere più utile all’intera costruzione. Ognuno di noi è una piccola pietra, ma nelle mani di Gesù partecipa alla costruzione della Chiesa. E tutti noi, per quanto piccoli, siamo resi “pietre vive”, perché quando Gesù prende in mano la sua pietra, la fa sua, la rende viva, piena di vita, piena di vita dallo Spirito Santo, piena di vita dal suo amore, e così abbiamo un posto e una missione nella Chiesa: essa è comunità di vita, fatta di tantissime pietre, tutte diverse, che formano un unico edificio nel segno della fraternità e della comunione.

Inoltre, il Vangelo di oggi ci ricorda che Gesù ha voluto per la sua Chiesa anche un «centro visibile di comunione in Pietro» – anche lui, non è una grande pietra, è una piccola pietra, ma presa da Gesù diventa centro di comunione – in Pietro e in coloro che gli sarebbero succeduti nella stessa responsabilità primaziale, che fin dalle origini sono stati identificati nei Vescovi di Roma, la città dove i santi apostoli Pietro e Paolo hanno reso la testimonianza del sangue.

Affidiamoci a Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa. Lei era nel cenacolo, accanto a Pietro, quando lo Spirito Santo discese sugli Apostoli e li spinse ad uscire, ad annunciare a tutti che Gesù è il Signore. Chiediamo a Maria di benedire e sostenere il Papa perché, come Successore di Pietro, possa proseguire il suo ministero di pastore universale della Chiesa confermando i suoi fratelli nella fede. Ed infine, invochiamo la nostra Mamma celeste affinché ci sostenga e ci accompagni con la sua intercessione, perché realizziamo pienamente quell’unità e quella comunione per cui Cristo e gli Apostoli hanno pregato e hanno dato la vita. Amen!

 

Solennità dell’assunzione di Maria santissima al cielo – messa del giorno Anno A (15 agosto 2023)

Maria: Avvocata nostra!

L’«Assunzione» di Maria al cielo è un dogma l di fede della chiesa cattolica, secondo il quale Maria, madre di Gesù, al termine della sua vita terrena, andò in paradiso  in anima e corpo.

Il termine «Assunzione» comparve a Gerusalemme verso la fine del V secolo d.C. e, proprio a Gerusalemme, si celebrava in questo giorno una festa nella basilica eretta al Getsemani, nella quale si pensava vi fosse la tomba della Vergine. Il 1º novembre 1950, papa Pio XII, avvalendosi dell’infallibilità papale, proclamò il dogma con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus con la seguente formula: «La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».

Ebbene, in questa solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Vangelo ci presenta la giovane di Nazaret che, ricevuto l’annuncio dell’Angelo, parte in fretta per stare vicino a sua cugina Elisabetta, negli ultimi mesi della sua prodigiosa gravidanza. Arrivando da lei, Maria coglie dalla sua bocca le parole che sono entrate a formare la preghiera dell’“Ave Maria”: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». In effetti, il dono più grande che Maria porta a Elisabetta – e al mondo intero – è Gesù, che già vive in lei. Dalla Vergine Gesù, per opera dello Spirito Santo, ha preso carne umana, per la sua missione di salvezza.

Nella casa di Elisabetta e di suo marito Zaccaria, dove prima regnava la tristezza per la mancanza di figli, ora c’è la gioia di un bambino in arrivo: un bambino che diventerà il grande Giovanni Battista, precursore del Messia. E quando arriva Maria, la gioia trabocca e prorompe dai cuori, perché la presenza invisibile ma reale di Gesù riempie tutto di senso: la vita, la famiglia, la salvezza del popolo… Tutto! Questa gioia piena si esprime con la voce di Maria nella preghiera stupenda che il Vangelo di Luca ci ha trasmesso e che, dalla prima parola latina, si chiama Magnificat. È un canto di lode a Dio che opera cose grandi attraverso le persone umili, sconosciute al mondo, come è Maria stessa, come è il suo sposo Giuseppe, e come è anche il luogo in cui vivono, Nazaret. Grandi cose il Signore fa nel mondo con gli umili, perché l’umiltà è come un vuoto che lascia posto a Dio. L’umile è potente, perché è umile: non perché è forte. E questa è la grandezza dell’umile e dell’umiltà. Poniamoci una domanda: ma noi siamo umili e semplici come la Madre di Gesù? Nel nostro cuore vi è superbia o umiltà? Cerchiamo di essere riconosciuti dagli altri, di affermarci ed essere lodati oppure pensiamo a servire? Sappiamo ascoltare, come Maria, oppure vogliamo solo parlare e ricevere attenzioni? Sappiamo fare silenzio, come Maria, oppure chiacchieriamo sempre? Sappiamo fare un passo indietro, disinnescare liti e discussioni, oppure cerchiamo solo di primeggiare?

Il Magnificat canta il Dio misericordioso e fedele, che compie il suo disegno di salvezza con i piccoli e i poveri, con quelli che hanno fede in Lui, che si fidano della sua Parola, come Maria. Ecco l’esclamazione di Elisabetta: «Beata te che hai creduto»! Maria ha creduto alle parole dell’arcangelo Gabriele. E noi crediamo alle parole del Figlio suo Gesù?

C’è una bella parola di san Gregorio Magno su san Benedetto che possiamo applicare anche a Maria: san Gregorio Magno dice che «il cuore di san Benedetto è divenuto così grande che tutto il creato poteva entrare in questo cuore. Questo vale ancora più per Maria: Maria, unita totalmente a Dio, ha un cuore così grande che tutta la creazione può entrare in questo cuore». «Maria, conclude san Gregorio, la nostra Mamma celeste, ha il cuore largo come il cuore di Dio». Maria, dunque, è vicinissima ad ognuno di noi, ci ascolta, ci aiuta, e la devozione verso la Madre del Signore è stata manifestata, in passato come nel presente, dagli ex-voto che i fedeli hanno offerto alla Vergine Santa in ogni parte del mondo.

Celebrando oggi l’Assunzione di Maria Santissima in Cielo chiediamo a Lei, la nostra Avvocata, di rivolgere i suoi occhi materni e misericordiosi su di noi, di aumentare e rafforzare la nostra fede in Gesù Cristo; di concedere la pace alla umana società e in special modo la sua materna benedizione.

Invochiamo e ringraziamo Maria recitando il santo Rosario. Il Rosario, tanto caro alla Vergine Santa, è, come scriveva il beato Bartolo Longo: una «Catena dolce che ci rannoda a Dio, vincolo di amore che ci unisce agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio». E, con le parole del beato Bartolo Longo, concludo questo mio pensiero: «Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo». Amen!

 

22 maggio: memoria di santa Rita da Cascia

Santa Rita (al secolo Margherita Lotti) nacque a Roccaporena verso il 1380. Secondo la tradizione era figlia unica e fin dall’adolescenza desiderò consacrarsi a Dio ma, per le insistenze dei genitori, fu data in sposa ad un giovane di buona volontà ma di carattere violento. Dopo l’assassinio del marito e la morte dei due figli, ebbe molto a soffrire per l’odio dei parenti del marito che, con fortezza cristiana, riuscì a riappacificare. Vedova e sola, in pace con tutti, fu accolta nel monastero agostiniano di santa Maria Maddalena in Cascia. Visse per quarant’anni anni nell’umiltà e nella carità, nella preghiera e nella penitenza. Negli ultimi quindici anni della sua vita, portò sulla fronte il segno della sua profonda unione con Gesù crocifisso. Morì a Cascia il 22 maggio 1457. Invocata come taumaturga di grazie, il suo corpo si venera nel santuario di Cascia, meta di continui pellegrinaggi. Beatificata da papa Urbano VIII nel 1627, venne canonizzata il 24 maggio 1900 da papa Leone XIII. È invocata come santa del perdono, paciera di Cristo nonché delle cause impossibili.

PREGHIERA A SANTA RITA DA CASCIA

Gloriosa Santa Rita,
Tu che fosti prodigiosamente partecipe
della dolorosa Passione di nostro Signore Gesù Cristo, ottienici di vivere con amore le pene di questa vita, e soccorrici in tutte le nostre necessità.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Consacrazione alla Divina Misericordia di san Giovanni Paolo II

Dio, Padre Misericordioso, che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio Tuo Gesù Cristo, e l’hai riversato su di noi nello Spirito Santo Consolatore, Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo. Chìnati su di noi peccatori, risana la nostra debolezza, sconfiggi ogni male, fa che tutti gli abitanti della terra sperimentino la Tua Misericordia; affinché in Te, Dio Unico e Trino, trovino sempre la fonte della speranza. Eterno Padre, per la dolorosa Passione e la Risurrezione del Tuo Figlio, abbi Misericordia di noi, e del mondo intero! Amen.

SCALA SALITA DA GESÙ PER ANDARE DA PONZIO PILATO

Si tratta della “Scala Santa”, con i suoi ventotto gradini, che si trova di fronte alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Sono le scale marmoree del Pretorio di Ponzio Pilato, che secondo la tradizione Gesù salì per ben due volte per essere presentato al popolo dopo essere stato flagellato. I gradini furono portati a Roma nel IV secolo da Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino.

Le scale si salgono in ginocchio e, preferibilmente, in preghiera, tra un gradino e l’altro.

Il Sommo Pontefice san Pio X, il 26 febbraio 1908, concesse l’indulgenza plenaria a coloro che salivano le scale in ginocchio dopo essersi confessati e comunicati.

Testamento spirituale del Papa Emerito Benedetto XVI del 29 agosto 2006

Il mio testamento spirituale

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.

Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.

A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.

Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.

Benedictus PP XVI

Mio papà…

Mio papà… 70 anni, lavora da quando è nato, mai fatto il viaggio di nozze,mai una settimana di ferie, se una sera (molto raramente) si concede una cena con amici, la mattina dopo è già in stalla con poche ore di sonno… Poi vedo dei minchioni analfabeti che per aver fatto due apparizioni in tv, la gente li ferma per strada chiedendogli l’autografo… Vedo calciatori di 18 anni che guadagnano milioni di euro… A mio padre qualcuno ha il coraggio di chiedere lo sconto per 2kg di formaggio… È difficile capire cosa non funziona nella nostra società?

(Foto e testo dal web)

Ultima apparizione della Vergine coincidente con la morte del Pastor Angelicus…

Il 13 ottobre 1958 il santo Padre Pio XII veniva sepolto nelle grotte Vaticane, mentre la Vergine santissima a Fatima si manifestava per l’ultima volta ai pastorelli. Nel 1950 la Vergine gli era apparsa nei giardini Vaticani. In quell’ anno egli proclamò il dogma della sua Assunzione al cielo.

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