Commento al Vangelo della XXIX Domenica del Tempo Ordinario Anno C (16 ottobre 2022)

C’è fede sulla terra?

La liturgia della Parola ci invita a riflettere sulla preghiera. Ogni volta, purtroppo, che parliamo di preghiera ci portiamo dietro tanti pregiudizi. Per esempio: la preghiera è noiosa, la preghiera è inutile, la preghiera è superata. Ma cosa è per noi la preghiera? È innanzitutto silenzio per ascoltare, per riflettere, per contemplare. Senza questo silenzio (interiore soprattutto) rischiamo di accumulare parole, e contro questo pericolo Gesù ci mette in guardia (cf Mt 6, 7). Perché si prega? Perché crediamo nella paterna premura di Dio e la nostra fede viene alimentata, confortata, sostenuta dalla preghiera. La preghiera, dunque, è necessaria in tutte le circostanze della vita.

Nel libro dell’Esodo (I Lettura) abbiamo ascoltato che Mosè prega e, mentre egli prega, il popolo combatte e vince. È chiarissima l’affermazione che la preghiera è il sostegno dell’azione e che la pretesa di cambiare il mondo con le nostre sole forze inevitabilmente approda al naufragio.

Ma per sentire la forza della preghiera è necessario pregare veramente. Come? A questa domanda risponde il Vangelo con una parabola ardita. Gesù, scrive l’evangelista Luca, presenta la situazione di una donna debole, calpestata ingiustamente, che però non si stanca di chiedere giustizia a un giudice freddo, insensibile, disumano. Il giudice della parabola è una figura odiosa, ma Gesù non vuole portarlo come esempio, bensì vuole sottolineare il comportamento della donna che non si stanca di pregare: e alla fine ottiene giustizia. Il comportamento della vedova, dunque, rivela una grande volontà, una grande umiltà, una grande tenacia.

Gesù, inoltre, vuole ricordarci che la condizione della vera preghiera è la fede. La parabola, infatti, termina con queste parole: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». È un interrogativo che fa venire i brividi. È un interrogativo che mette il dito nella piaga: senza fede non esiste preghiera, ma soltanto formule di preghiere. Ma cos’è la fede? Credere in qualcuno significa abbandonarsi, consegnarsi con totale fiducia; credere significa non contare più su se stessi, ma su un altro. Credere in Dio, allora, significa abbandonarsi, consegnarsi a Lui, contare totalmente e fiduciosamente su di Lui. Per questo la preghiera di fede e più bella consiste in un «». La preghiera, infatti, è il respiro del cuore pieno d’amore.

Maria a Nazareth si rivela maestra straordinaria di preghiera. Cosa dice all’angelo? «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (cf Lc 1, 38). E Gesù sulla croce? «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (cf Lc 23, 46). E per noi peccatori il modello di preghiera è quello del pubblicano: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (cf Lc 18, 13). Sono le vere preghiere, quelle che fanno cambiare la vita, quelle che aprono a Dio lo spazio per agire.

La nostra preghiera deve puntare in questa direzione: ancora in noi ci sono incertezze, vanità, resistenze, dubbi, pretese, ma la direzione della preghiera è una sola: fare un passo verso la volontà di Dio, abbandonarsi a Lui, perché solo Dio può guarire la nostra povertà.

E che cosa dobbiamo chiedere nella preghiera? Di essere coerenti con noi stessi: non si può chiedere la pace e non essere operatori di pace, non si può chiedere la giustizia e non lavorare per una società più giusta e umana. In Luca (11, 13) ci è garantito il dono dello Spirito, invocato con fiducia e accolto con docilità.

La seconda Lettura ci parla dell’importanza insostituibile della Sacra Scrittura. La parola di Dio ascoltata o letta, riflettuta a livello personale o comunitario, è alimento della nostra preghiera. E Dio che ci parla, che ci sprona, che ci corregge, che ci conforta. È lo Spirito che mette sulle nostre labbra invocazioni, suppliche, grida di lode e di adorazione. Se la nostra preghiera è autentica ci aiuterà a mantenere la nostra fede e la fiducia in Dio.

Ebbene, ogni giorno il credente non deve cessare di gridare al Signore con la propria vita, ancor prima che con le parole: «Maranà tha», vieni Signore Gesù, vieni presto! (cf 1Cor 16, 22; Ap 22, 20). Questa è la preghiera che nasce dalla fede e si traduce in un desiderio quotidiano dell’evento che noi cristiani dovremmo attendere con tutte le nostre forze: la venuta del Signore Gesù nella gloria, mediante il quale Dio instaurerà il suo Regno di giustizia e di pace per tutti gli uomini.

Commento al Vangelo della XXXII Domenica del Tempo Ordinario Anno B (7 novembre 2021)

Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri

Nel Vangelo abbiamo ascoltato che Gesù nel suo insegnamento diceva alla folla: «Guardatevi dagli scribi». Può sembrare una condanna verso questa categoria di persone, ma in realtà non lo è perché il Maestro ha sempre predicato che Dio non guarda l’esterno ma l’interno, dunque questa affermazione del Signore vuole farci capire che non esistono categorie condannate perché dentro ogni categoria esiste il buono e il cattivo. Allora non bisogna mai generalizzare né in bene né in male perché il Padre nostro che è nei cieli non giudica le categorie, ma le persone.

Fatta questa precisazione, chiediamoci che cosa significano le parole di Gesù quando dice: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti». Le lunghe vesti erano quelle delle riunioni religiose. Ma questo non è peccato perché anche oggi il clero indossa sia durante la celebrazione eucaristica, sia durante le confessioni, sia durante le processioni etc lunghe vesti.

«Ricevere saluti nelle piazze». Non c’è nulla di male. La buona educazione ci insegna che salutare non è peccato. Un tempo, oggi un po’ meno, quando si incontrava il sacerdote lo si salutava dicendo “Sia lodato Gesù Cristo”.

«Avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti». Anche questo non è peccato. Possiamo dire che c’è un po’ di vanità, questo sì. Notiamo, infatti, che alle riunioni, molte volte anche ai pranzi e alle cene, vengono riservati posti d’onore al clero e alle persone notabili.

E allora che cosa è peccato? Cosa condanna nostro Signore?

Gesù – prosegue l’evangelista – continua dicendo: «Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Il testo greco dice: «una condanna maggiore». Questo è il punto decisivo; questo è ciò che condanna il Maestro! Gesù, alla folla vuol far capire, con l’affermazione “Guardatevi” che deve stare “Attenta” a coloro che sfruttano i poveri, i deboli (le vedove stanno ad indicare queste categorie) e poi “fanno lunghe preghiere per farsi vedere, per farsi elogiare”. Qui sta il grande peccato! Il Signore, infatti, condanna l’ipocrisia e ci ricorda: chi prega di più, deve amare di più. Chi si accosta a Dio, deve assomigliare a Dio. Quando preghiamo non dobbiamo metterci in mostra e soprattutto la nostra preghiera deve essere vera, sincera, fatta col cuore e non solo con le labbra.

Molte volte sento dire: “Dio non mi ascolta”. Non è vero che Dio non ci ascolta. Siamo noi che non ascoltiamo Dio perché il nostro cuore è chiuso alla sua misericordia, al suo amore. Dio ascolta sempre le preghiere che nascono dal cuore.

Nella seconda parte del Vangelo si parla di una vedova (le vedove si riconoscevano dal modo di vestire) che ha gettato due monetine nel tesoro. Il testo greco parla di due spiccioli gettati nella cassa delle offerte. Due spiccioli equivalevano ad un quadrante ossia ad un soldo (0,01€). Gesù, nel vedere questa scena, chiama i suoi discepoli e dice loro: «Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Che cosa, Gesù, vuol far capire ai suoi discepoli e a noi? Che il valore di un’azione dipende dall’intenzione con cui si fa; un’intenzione buona e generosa può rendere grande un’azione in sé piccola ed insignificante. Dio giudica il cuore non l’apparenza.

Nel primo libro dei Re si parla del profeta Elia che a Sarèpta ha incontrato una vedova, la quale, benché ridotta alla miseria estrema, seppe condividere con lui le poche cose che le rimanevano per vivere insieme a suo figlio. Questa povera vedova ha donato tutto con amore e, quando si dona tutto, si riceve tutto: «La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia» (I Lettura).

Queste due vedove, entrambe molto povere, dimostrano una grande fede in Dio. Da questi due episodi biblici, sapientemente accostati, si può ricavare un prezioso insegnamento sulle fede. Essa appare come l’atteggiamento interiore di chi fonda la propria vita su Dio, sulla sua Parola, e confida totalmente in lui. È questo il dono che il Signore gradisce, l’offerta vera, il sacrificio autentico, il culto sincero. Di fronte a coloro che cercano la propria esaltazione, compiendo per questo gesti di generosità, la vedova è l’immagine del dono puro, dell’offerta libera e gradita a Dio, della preghiera che lo Spirito suggerisce, della carità vissuta, della fede che trasforma!

Verifichiamo, pertanto, le nostre intenzioni: Perché sono credente? Perché vengo in Chiesa? Perché faccio del bene? Sono disponibile a condividere i miei beni, il mio tempo, con chi è in difficoltà? Se veniamo in Chiesa solo per metterci in mostra, se facciamo del bene solo ed esclusivamente per essere lodati dagli uomini, ciò significa che l’esibizione ha preso il sopravvento e, per tale motivo, è necessario che tutti noi facciamo un attento esame di coscienza. Molti cristiani, purtroppo, credono di amare Cristo, il quale con il suo unico sacrificio ci purifica dal peccato (II Lettura), ma si illudono, perché amano solo ed esclusivamente loro stessi.

Impariamo ad aprire il cuore ai fratelli senza riserve o paure. Charles de Foucauld diceva: “Leggiamo e rileggiamo incessantemente e con attenzione il santo Vangelo per aver sempre incessantemente dinanzi alla mente gli atti, le parole, i pensieri di Gesù, al fine di pensare, parlare, agire come Gesù”. Amen.

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora