Il monaco e il Crocifisso

«Un monaco, di nome Serafino, chiedeva con insistenza al Signore di poter prendere il suo posto sulla croce, perché voleva condividere in tutto il ruolo di Cristo. Un giorno il Crocifisso accettò, ma a un patto. Il Signore Gesù gli disse: “Che tu stia zitto!”. Serafino, essendo monaco, abituato al rigore, all’osservanza del silenzio, promise immediatamente. Il Cristo scese allora dalla croce, che era in chiesa, e vi salì invece il monaco Serafino. Entrò un uomo ricco a pregare e, mentre pregava, gli scivolò giù il sacchetto dei soldi. Si alzò per andarsene e Serafino, che aveva visto, avrebbe voluto dirgli che gli era caduto il sacchetto, però si era impegnato a tacere e quindi tacque. Subito dopo entrò un uomo povero, cominciò a pregare, ma gli caddero subito gli occhi su quel sacchetto di soldi; si guardò intorno, non c’era nessuno che lo vedesse, prese il sacchetto, se lo mise in tasca e scappò. Serafino avrebbe voluto dirgli che non doveva prenderli, perché non erano suoi, ma si era impegnato a star zitto e dunque tacque. Poi entrò un giovanotto che si mise devotamente in ginocchio ai piedi del crocifisso chiedendo aiuto e protezione perché stava per mettersi in viaggio per mare. In quel mentre entrò l’uomo ricco con i gendarmi dicendo che aveva lasciato in chiesa il sacchetto dei soldi. L’unica persona presente era quel giovanotto, i gendarmi lo presero e lo arrestarono. A quel punto Serafino non riuscì più a stare zitto e gridò: “È innocente”. Figuratevi! Il crocifisso parlante salvò quel giovane dalla galera, perché in forza di quella voce fecero meglio le indagini, lasciarono andare il giovanotto che si imbarcò, e arrestarono il povero che aveva preso i soldi, ed il sacchetto coi denari fu restituito al ricco. Alla sera il Cristo tornò con la faccia scura e rimproverò severamente Serafino : “Così non va proprio bene!”. “Ma come, Signore?”. “Ti avevo detto di stare zitto”. “Ma ho rimesso a posto le cose, ho fatto giustizia”. Disse allora il Signore: “No, Serafino, tu hai sbagliato tutto; il tuo impegno era quello di tacere; me lo avevi promesso. Invece, parlando, tu hai rovinato la mia azione. Quel ricco stava per fare un’opera cattiva con quei soldi e io glieli ho fatti perdere; quel povero ne aveva bisogno e io glieli ho fatti trovare; quel giovanotto ora sta naufragando in mare, e mi aveva chiesto aiuto: se fosse andato in prigione, almeno per un giorno, avrebbe perso la nave e non sarebbe morto. Hai rovinato tutto, non sei in grado di metterti al mio posto, caro Serafino! Anche se sei un monaco, e ti consideri avanti nella vita spirituale, la Mia Provvidenza guida le cose meglio di voi, anche quando sembrano andare per storto”».
MORALE:
Spesso vorremmo risposte da Dio e ce la prendiamo con il Crocifisso che non ci parla! Lui non parla, ma invece sempre opera secondo il nostro miglior bene. Ringraziamolo allora, perché Cristo ci ascolta sempre e sempre ci aiuta anche quando le cose sembrano andare male. Abbiamo fede e confidiamo in Gesù e non resteremo delusi.

Commento al Vangelo della XXIX Domenica del Tempo Ordinario Anno C (16 ottobre 2022)

C’è fede sulla terra?

La liturgia della Parola ci invita a riflettere sulla preghiera. Ogni volta, purtroppo, che parliamo di preghiera ci portiamo dietro tanti pregiudizi. Per esempio: la preghiera è noiosa, la preghiera è inutile, la preghiera è superata. Ma cosa è per noi la preghiera? È innanzitutto silenzio per ascoltare, per riflettere, per contemplare. Senza questo silenzio (interiore soprattutto) rischiamo di accumulare parole, e contro questo pericolo Gesù ci mette in guardia (cf Mt 6, 7). Perché si prega? Perché crediamo nella paterna premura di Dio e la nostra fede viene alimentata, confortata, sostenuta dalla preghiera. La preghiera, dunque, è necessaria in tutte le circostanze della vita.

Nel libro dell’Esodo (I Lettura) abbiamo ascoltato che Mosè prega e, mentre egli prega, il popolo combatte e vince. È chiarissima l’affermazione che la preghiera è il sostegno dell’azione e che la pretesa di cambiare il mondo con le nostre sole forze inevitabilmente approda al naufragio.

Ma per sentire la forza della preghiera è necessario pregare veramente. Come? A questa domanda risponde il Vangelo con una parabola ardita. Gesù, scrive l’evangelista Luca, presenta la situazione di una donna debole, calpestata ingiustamente, che però non si stanca di chiedere giustizia a un giudice freddo, insensibile, disumano. Il giudice della parabola è una figura odiosa, ma Gesù non vuole portarlo come esempio, bensì vuole sottolineare il comportamento della donna che non si stanca di pregare: e alla fine ottiene giustizia. Il comportamento della vedova, dunque, rivela una grande volontà, una grande umiltà, una grande tenacia.

Gesù, inoltre, vuole ricordarci che la condizione della vera preghiera è la fede. La parabola, infatti, termina con queste parole: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». È un interrogativo che fa venire i brividi. È un interrogativo che mette il dito nella piaga: senza fede non esiste preghiera, ma soltanto formule di preghiere. Ma cos’è la fede? Credere in qualcuno significa abbandonarsi, consegnarsi con totale fiducia; credere significa non contare più su se stessi, ma su un altro. Credere in Dio, allora, significa abbandonarsi, consegnarsi a Lui, contare totalmente e fiduciosamente su di Lui. Per questo la preghiera di fede e più bella consiste in un «». La preghiera, infatti, è il respiro del cuore pieno d’amore.

Maria a Nazareth si rivela maestra straordinaria di preghiera. Cosa dice all’angelo? «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (cf Lc 1, 38). E Gesù sulla croce? «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (cf Lc 23, 46). E per noi peccatori il modello di preghiera è quello del pubblicano: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (cf Lc 18, 13). Sono le vere preghiere, quelle che fanno cambiare la vita, quelle che aprono a Dio lo spazio per agire.

La nostra preghiera deve puntare in questa direzione: ancora in noi ci sono incertezze, vanità, resistenze, dubbi, pretese, ma la direzione della preghiera è una sola: fare un passo verso la volontà di Dio, abbandonarsi a Lui, perché solo Dio può guarire la nostra povertà.

E che cosa dobbiamo chiedere nella preghiera? Di essere coerenti con noi stessi: non si può chiedere la pace e non essere operatori di pace, non si può chiedere la giustizia e non lavorare per una società più giusta e umana. In Luca (11, 13) ci è garantito il dono dello Spirito, invocato con fiducia e accolto con docilità.

La seconda Lettura ci parla dell’importanza insostituibile della Sacra Scrittura. La parola di Dio ascoltata o letta, riflettuta a livello personale o comunitario, è alimento della nostra preghiera. E Dio che ci parla, che ci sprona, che ci corregge, che ci conforta. È lo Spirito che mette sulle nostre labbra invocazioni, suppliche, grida di lode e di adorazione. Se la nostra preghiera è autentica ci aiuterà a mantenere la nostra fede e la fiducia in Dio.

Ebbene, ogni giorno il credente non deve cessare di gridare al Signore con la propria vita, ancor prima che con le parole: «Maranà tha», vieni Signore Gesù, vieni presto! (cf 1Cor 16, 22; Ap 22, 20). Questa è la preghiera che nasce dalla fede e si traduce in un desiderio quotidiano dell’evento che noi cristiani dovremmo attendere con tutte le nostre forze: la venuta del Signore Gesù nella gloria, mediante il quale Dio instaurerà il suo Regno di giustizia e di pace per tutti gli uomini.

Commento al Vangelo nella solennità dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo Anno B (16 maggio 2021)

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo

L’Ascensione al cielo di Gesù è un episodio ben documentato della sua vita, fondato sul racconto degli evangelisti e prima ancora dalla predicazione e dalla testimonianza degli apostoli. Con questo racconto, infatti, si concludono i vangeli di Marco e di Luca, mentre gli Atti degli apostoli cominciano con l’Ascensione al cielo di Gesù.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato che «Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio». Certamente i giorni dopo la Pasqua furono per gli apostoli giorni straordinari. Chissà quante domande avranno fatto a Gesù. Chissà quanti chiarimenti dovette dare Gesù sul mistero della sua vita e sul compito che stava per dare alla Chiesa.

Inoltre, sempre durante quei quaranta giorni, quando Gesù stava per salutare gli apostoli, essi gli posero una domanda: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». A questa domanda, scrive l’autore sacro, Gesù risponde: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere». Ciò significa che il calendario del mondo lo conosce soltanto Dio. Certamente il mondo finirà, certamente le cose non possono durare in eterno. Ma quando avverrà tutto ciò? Questo lo sa soltanto Dio! Ebbene, quando sentiamo parlare di catastrofi, terremoti, alluvioni, ricordiamoci bene che sono pure fantasie, tutte previsioni e calcoli, perché nessuno di noi conosce il momento della fine del mondo. Anzi, Gesù ci fa capire che di queste cose non dobbiamo neppure preoccuparci!

E allora, se non dobbiamo preoccuparci di queste cose, di cosa dobbiamo preoccuparci?

La risposta la da’ lo stesso Gesù quando dice: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Mentre nel vangelo abbiamo ascoltato: «essi partirono e predicarono dappertutto». Ebbene sì, di questo dobbiamo preoccuparci: diffondere la Buona Novella per far conoscere Cristo al mondo.

L’autore sacro conclude l’episodio dell’Ascensione con queste parole: «Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”», mentre Marco scrive: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio».

Ma che cosa significa «Ascensione al cielo»? Sia nella prima lettura che nel vangelo abbiamo ascoltato più volte la parola «cielo». Ma  cosa significa cielo? Un tempo si poteva pensare che la dimora di Dio, il paradiso, si trovasse proprio al di là delle nuvole, in cielo. Ma oggi questa immagine è davvero improponibile. E allora, che cosa significa «cielo» e «Ascensione al cielo»? Significa che Gesù è ritornato nel mondo di Dio, da dove era partito, ed è andato a prepararci un posto (cf Gv 14,1-3). Ed essendo tornato al Padre, siede ora alla sua destra, pienamente glorificato, dopo la terribile prova della passione e morte.

Se dunque l’Ascensione introduce Gesù in una dimensione nuova, anche gli apostoli sono chiamati a un profondo cambiamento di vita. Gesù abbandona la terra, e gli apostoli devono imparare a vivere senza di lui, però Gesù non abbandona i suoi. Dice Marco, e sono le ultime righe del suo vangelo, che «il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano».

Anche oggi il Cristo risorto e asceso al cielo opera nella Chiesa e con la Chiesa, opera con i cristiani che si impegnano a vivere il vangelo, a testimoniarlo e ad annunciarlo agli altri, opera con tutti gli uomini di buona volontà che si adoperano per la giustizia, la pace, la fraternità. E allora cerchiamo di vivere la missione che Cristo ci ha lasciato mettendo in pratica quello che dice san Paolo: «comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (II Lettura).

Ebbene, oggi siamo invitati a rinnovare i nostri impegni di apostolato, mettendo nelle mani del Signore i nostri propositi. Ciò facendo, dobbiamo mantenere viva la certezza che la sua Ascensione al cielo non è stata una partenza, ma soltanto la trasformazione di una presenza che non viene meno. Cristo è tra noi ancor oggi; egli è con noi. «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cf Mt 28,20). Solo di qui deriva la nostra forza, ma anche la nostra costanza e la nostra gioia. Amen.

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