Festa della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo Anno A (6 agosto 2023)

Siamo luce solo se ascoltiamo e mettiamo in pratica la Parola del Signore!

In questa domenica la liturgia celebra la festa della Trasfigurazione del Signore. L’evangelista Matteo, infatti, riferisce che «Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte» e, mentre pregava, «il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce». Mentre avveniva questa Trasfigurazione «apparvero Mosè ed Elia, che conversavano con lui». A questo punto, Pietro, alla vista di Mosè, che era vissuto 1200 anni prima di lui, e di Elia, che era venuto otto secoli prima, disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè, una per Elia». Non aveva ancora terminato di parlare, quando una nube luminosa li avvolse. Di questo straordinario evento, la Trasfigurazione, Pietro, Giacomo e Giovanni furono testimoni. Nella seconda lettura abbiamo infatti ascoltato: «Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza».

Ebbene, su questo mistero di luce la liturgia ci invita oggi a concentrare il nostro sguardo. Sul volto trasfigurato di Gesù brilla un raggio della luce divina che Egli custodiva nel suo intimo. Questa stessa luce sfolgorerà sul volto di Cristo nel giorno della Risurrezione. In questo senso la Trasfigurazione appare come un anticipo del mistero pasquale. È Gesù il volto santo di Dio, quella Bellezza del Mistero divino che illumina il mondo e si manifesta a noi oggi come lo splendore della Verità, lo scintillio della Gloria divina. Egli è il Prediletto, l’Amato del Padre, l’Unigenito, il nuovo Mosè, che realizza in pienezza la Legge e i Profeti. La Trasfigurazione di Gesù al monte Tabor è la manifestazione del Messia crocifisso e risorto e la sua risurrezione ha debellato per sempre il potere delle tenebre del male. Con Cristo risorto trionfano la verità e l’amore sulla menzogna e il peccato. In Lui la luce di Dio illumina ormai definitivamente la vita degli uomini e il percorso della storia: «Io sono la luce del mondo. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (cf Gv 8,12). Quanto abbiamo bisogno, anche in questo nostro tempo, di emergere dalle tenebre del male, per sperimentare la gioia dei figli della luce! Soltanto sul volto di coloro che ascoltano il Cristo e si lasciano rinnovare dalla sua Parola può ormai riflettersi il volto eterno del Dio vivente. Se è vero che con Gesù possiamo finalmente «vedere», «contemplare», il volto dell’Eterno, è altrettanto vero che permane l’invito ad «ascoltare» la voce del Signore e a praticare i suoi sentieri. Il «vedere» viene dopo l’«ascolto» obbediente della Parola.

I tre discepoli sono stati condotti da Gesù verso il monte Tabor. Orbene, questa loro ascesa verso il monte ci induce a riflettere sull’importanza di staccarci dalle cose mondane, per compiere un cammino verso l’alto e contemplare Gesù. Si tratta di disporci all’ascolto attento e orante del Cristo, il Figlio amato del Padre, ricercando momenti di preghiera che permettono l’accoglienza docile e gioiosa della Parola di Dio. In questa ascesa spirituale, in questo distacco dalle cose mondane, siamo chiamati a riscoprire il silenzio pacificante e rigenerante della meditazione del Vangelo, della lettura della Bibbia, che conduce verso una meta ricca di bellezza, di splendore e di gioia. E quando noi ci mettiamo con la Bibbia in mano, in silenzio, è allora che cominciamo a sentire questa bellezza interiore, questa gioia che genera la Parola di Dio in noi.

A tal proposito poniamoci delle domande: Siamo in ascolto del Signore che parla? Ci lasciamo illuminare dalla sua Parola? Invochiamo lo Spirito Santo che è luce sul nostro cammino?

Al termine dell’esperienza mirabile della Trasfigurazione, i discepoli scesero dal monte con occhi e cuore trasfigurati dall’incontro con il Signore. È il percorso che possiamo compiere anche noi. La riscoperta sempre più viva di Gesù non è fine a se stessa, ma ci induce a «scendere dal monte», ricaricati della forza dello Spirto divino, per decidere nuovi passi di conversione e per testimoniare costantemente la carità, come legge di vita quotidiana. Trasformati dalla presenza di Cristo e dall’ardore della sua parola, saremo segno concreto dell’amore vivificante di Dio per tutti i nostri fratelli, specialmente per chi soffre, per quanti si trovano nella solitudine e nell’abbandono, per gli ammalati e per la moltitudine di uomini e di donne che, in diverse parti del mondo, sono umiliati dall’ingiustizia, dalla prepotenza e dalla violenza.

Nella Trasfigurazione, inoltre, si ode la voce del Padre celeste che dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!». Ci ottenga questo dono Maria, Vergine dell’ascolto, sempre pronta ad accogliere e custodire nel cuore ogni parola del Figlio divino (cf Lc 1,51). Voglia la nostra Madre e Madre di Dio aiutarci ad entrare in sintonia con la Parola di Dio, così che Cristo diventi luce e guida di tutta la nostra vita. Amen!

 

Commento al Vangelo nella solennità dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo Anno C (29 maggio 2022)

Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?

Nelle letture della solennità dell’Ascensione abbiamo ascoltato per due volte (I lettura e Vangelo) il racconto dell’esodo di Gesù da questo mondo al Padre. Dopo quaranta giorni dalla sua resurrezione, Gesù si distacca dai discepoli, «fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi».

Tutti vorremmo, se fosse possibile, vedere Cristo con i nostri occhi; tutti, come Tommaso, vorremmo toccare le sue ferite con le nostre mani per appoggiarci alla sicurezza della sua presenza. Chi di noi non desidererebbe vedere il Signore?

Negli Atti degli Apostoli viene posta a Gesù una domanda: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Questa domanda è la stessa delle prime comunità, le quali attendevano come imminente il ritorno del Signore Gesù. Il Risorto, in modo fin troppo chiaro, risponde: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Ciò significa che come gli apostoli e le prime comunità così anche noi siamo invitati ad assumere consapevolmente e attivamente la prosecuzione della missione di Gesù: portare insieme a lui con la forza dello Spirito il Vangelo fino ai confini del mondo e alla fine della storia. Ecco il senso della festa di oggi. Con l’Ascensione di Gesù accade ciò che avviene a ogni bambino, quando la mamma improvvisamente stacca le sue braccia e lo lascia camminare da solo. Infatti con l’Ascensione di Gesù è nata la missione della Chiesa.

Luca scrive che mentre Cristo Signore veniva elevato in alto e gli apostoli guardavano fisso il cielo mentre egli se ne andava, all’improvviso si presentarono a loro due uomini in bianche vesti che dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». Si faccia attenzione: questo non è un invito a guardare solo le cose della terra, ma un monito a non cercare più quella presenza fisica di Gesù di cui i discepoli hanno fatto esperienza nella storia. Gesù non va cercato presso la tomba vuota, né alzando gli occhi verso l’alto per carpire un’apparizione; egli va cercato, oggi come allora, nella comunità cristiana, nell’eucaristia, nelle donne e negli uomini che, in condizione di ultimi, attendono da noi di essere amati; è in costoro che Gesù ha voluto rendersi presente (cf Mt 25, 31-46).

L’ascensione di Gesù al cielo significa, dunque, che egli si separa dai suoi e si assenta da questa terra e, per tale motivo, il Risorto non può più essere visto né nella carne né nella sua forma gloriosa. Tale distacco prelude però a una nuova forma di presenza da parte di Gesù presso la sua comunità, così che i credenti in lui non restano soli, «orfani» (cf Gv 14, 18): per questo nel salire al cielo benedice i discepoli: «alzate le mani, li benedisse».

Anche noi, come gli apostoli, abbiamo il compito di annunciare la Buona Novella. Seguire Gesù significa vivere come lui. Noi ci impegniamo ad annunciare il Vangelo? Ci sforziamo a mettere in pratica ciò che Gesù ha detto e vivere come lui? Siamo cristiani non per quello che diciamo, ma per quello che facciamo. Mettiamoci davanti al Signore e facendo un attento esame di coscienza domandiamoci: “mi comporto da vero cristiano?”. Non dobbiamo solo predicare ma anche mettere in pratica! Solo se concretizziamo ciò che diciamo, saremo sale della terra e luce del mondo.

Come i Dodici dopo l’ascensione di Gesù erano pieni di gioia, anche noi oggi dobbiamo essere gioiosi e non spaventarci delle proprie debolezze e infermità spirituali; lasciamoci guidare dallo Spirito Santo. Nel quarto vangelo Giovanni scrive che Gesù ha affermato: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre» (cf Gv 16, 7; 14-16).

Commento al Vangelo nella solennità dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo Anno B (16 maggio 2021)

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo

L’Ascensione al cielo di Gesù è un episodio ben documentato della sua vita, fondato sul racconto degli evangelisti e prima ancora dalla predicazione e dalla testimonianza degli apostoli. Con questo racconto, infatti, si concludono i vangeli di Marco e di Luca, mentre gli Atti degli apostoli cominciano con l’Ascensione al cielo di Gesù.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato che «Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio». Certamente i giorni dopo la Pasqua furono per gli apostoli giorni straordinari. Chissà quante domande avranno fatto a Gesù. Chissà quanti chiarimenti dovette dare Gesù sul mistero della sua vita e sul compito che stava per dare alla Chiesa.

Inoltre, sempre durante quei quaranta giorni, quando Gesù stava per salutare gli apostoli, essi gli posero una domanda: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». A questa domanda, scrive l’autore sacro, Gesù risponde: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere». Ciò significa che il calendario del mondo lo conosce soltanto Dio. Certamente il mondo finirà, certamente le cose non possono durare in eterno. Ma quando avverrà tutto ciò? Questo lo sa soltanto Dio! Ebbene, quando sentiamo parlare di catastrofi, terremoti, alluvioni, ricordiamoci bene che sono pure fantasie, tutte previsioni e calcoli, perché nessuno di noi conosce il momento della fine del mondo. Anzi, Gesù ci fa capire che di queste cose non dobbiamo neppure preoccuparci!

E allora, se non dobbiamo preoccuparci di queste cose, di cosa dobbiamo preoccuparci?

La risposta la da’ lo stesso Gesù quando dice: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Mentre nel vangelo abbiamo ascoltato: «essi partirono e predicarono dappertutto». Ebbene sì, di questo dobbiamo preoccuparci: diffondere la Buona Novella per far conoscere Cristo al mondo.

L’autore sacro conclude l’episodio dell’Ascensione con queste parole: «Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”», mentre Marco scrive: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio».

Ma che cosa significa «Ascensione al cielo»? Sia nella prima lettura che nel vangelo abbiamo ascoltato più volte la parola «cielo». Ma  cosa significa cielo? Un tempo si poteva pensare che la dimora di Dio, il paradiso, si trovasse proprio al di là delle nuvole, in cielo. Ma oggi questa immagine è davvero improponibile. E allora, che cosa significa «cielo» e «Ascensione al cielo»? Significa che Gesù è ritornato nel mondo di Dio, da dove era partito, ed è andato a prepararci un posto (cf Gv 14,1-3). Ed essendo tornato al Padre, siede ora alla sua destra, pienamente glorificato, dopo la terribile prova della passione e morte.

Se dunque l’Ascensione introduce Gesù in una dimensione nuova, anche gli apostoli sono chiamati a un profondo cambiamento di vita. Gesù abbandona la terra, e gli apostoli devono imparare a vivere senza di lui, però Gesù non abbandona i suoi. Dice Marco, e sono le ultime righe del suo vangelo, che «il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano».

Anche oggi il Cristo risorto e asceso al cielo opera nella Chiesa e con la Chiesa, opera con i cristiani che si impegnano a vivere il vangelo, a testimoniarlo e ad annunciarlo agli altri, opera con tutti gli uomini di buona volontà che si adoperano per la giustizia, la pace, la fraternità. E allora cerchiamo di vivere la missione che Cristo ci ha lasciato mettendo in pratica quello che dice san Paolo: «comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (II Lettura).

Ebbene, oggi siamo invitati a rinnovare i nostri impegni di apostolato, mettendo nelle mani del Signore i nostri propositi. Ciò facendo, dobbiamo mantenere viva la certezza che la sua Ascensione al cielo non è stata una partenza, ma soltanto la trasformazione di una presenza che non viene meno. Cristo è tra noi ancor oggi; egli è con noi. «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cf Mt 28,20). Solo di qui deriva la nostra forza, ma anche la nostra costanza e la nostra gioia. Amen.

Commento al Vangelo della II Domenica di Quaresima Anno B (28 febbraio 2021)

Abbiamo fede in Dio!

Il brano evangelico di questa seconda domenica di Quaresima ci parla della Trasfigurazione di Gesù, il quale, annota Marco, «prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli». A un certo punto, il volto di Gesù cominciò a brillare di una luce sfolgorante; apparvero Mosè ed Elia che parlavano con lui. Per un momento, la realtà divina del Figlio di Dio, nascosta sotto la sua umanità, fu come liberata e Gesù apparve, anche all’esterno, quello che era in realtà: la luce del mondo. C’era una tale atmosfera di pace e di felicità che Pietro non poté trattenersi dall’esclamare: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Ma in quel momento, scrive l’evangelista, si formò una nube che li avvolse e dalla nube uscì una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».

Con queste parole, Dio Padre dava Gesù Cristo all’umanità come suo unico e definitivo Maestro. Quell’imperativo «Ascoltatelo!» sta a significare che Egli è la «Via, Verità, Vita» e, se noi lo ascoltiamo e lo seguiamo, non potremo ingannarci perché Egli è l’Amore, la nostra vera felicità!

Però quella parola «Ascoltatelo!» non è rivolta solo ai tre discepoli che erano sul Tabor, ma ai discepoli di Cristo di tutti i tempi. È necessario perciò che ci poniamo la domanda: «Dove parla Gesù oggi, per poterlo noi ascoltare?». Gesù ci parla anzitutto attraverso la nostra coscienza. Ogni volta che la coscienza ci rimprovera per qualcosa di male che abbiamo fatto, o ci incoraggia a fare qualcosa di buono, è Gesù che ci parla mediante il suo Spirito. Ma da sola essa non basta. È facile farle dire quello che piace a noi ascoltare. Essa può essere deformata, o messa addirittura a tacere, dal nostro egoismo. Ha bisogno perciò di essere illuminata e sorretta dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa. Il Vangelo è il luogo per eccellenza in cui Gesù ci parla oggi. La gente ama distrarsi, non pensare; per questo i programmi di varietà, di giochi e quiz hanno tanto ascolto. Quando però ci troviamo a fronteggiare una crisi, un grande dispiacere, allora ci si accorge che solo le parole del Vangelo possono aiutarci e dirci qualcosa, mentre tutte le altre parole suonano vuote e ci lasciano soli, alle prese con i nostri problemi. Fidiamoci di Dio come si è fidato Abramo il quale, senza resistenze, si è reso disponibile addirittura a sacrificare Isacco, il figlio della promessa (I Lettura). Fidarsi di Dio, dunque, significa avere fiducia in Lui. Ogni giorno facciamo tanti atti di fede umana: crediamo al giornale, alla parola dell’amico, alla televisione, alle dicerie, a chi racconta menzogne, ai maghi, agli indovini, agli oroscopi. Siamo facili a credere nella parola degli uomini, mentre facciamo tanta fatica a credere nella parola di Dio. Ebbene, con la parola «Ascoltatelo!» Dio ha voluto dirci che tra Lui e gli uomini c’è un solo mediatore: Gesù! In Cristo, infatti, abbiamo ogni risposta.

Oggi purtroppo la fede diminuisce e quando la vera fede diminuisce, aumenta la superstizione. Non c’è, si può dire, giornale, radio, televisione che non propini giornalmente ai suoi lettori e ascoltatori l’oroscopo. Quante persone, non solo ragazzi e adolescenti, credono che la nostra vita sia regolata dalle stelle, dai segni zodiacali! Purtroppo, dispiace dirlo, ma queste persone non hanno fede in Dio. L’unica sicurezza della nostra vita è Dio; le altre sicurezze, se non poggiano su di Lui, sono inganni. Gesù infatti dice: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (cf Gv 14,1).

A noi che oggi contempliamo questo mistero della Trasfigurazione, che ha sullo sfondo la passione e la risurrezione di Cristo, è chiesto solo di accogliere la voce del Padre che proclama Gesù sua Parola, Parola fatta carne, Parola che ha rivelato Dio nel suo amore, nella sua misericordia, nella sua bontà verso gli uomini.

Ebbene, impariamo a conoscere Cristo attraverso le Scritture, di cui il Vangelo è il cuore, e abbiamo sempre fede in Dio! Amen.

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