Commento al Vangelo della V Domenica di Quaresima Anno B (17 marzo 2024)

Fissiamo il Volto di Cristo!

Nell’odierna pagina del Vangelo, san Giovanni riferisce un episodio avvenuto nell’ultima fase della vita pubblica di Cristo, nell’imminenza ormai della Pasqua ebraica, che sarà la sua Pasqua di morte e risurrezione. Mentre si trovava a Gerusalemme – narra l’Evangelista – alcuni greci, proseliti del giudaismo, incuriositi ed attratti da quanto Egli andava compiendo, si avvicinarono a Filippo, uno dei Dodici che aveva un nome greco e proveniva dalla Galilea e gli dissero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo chiamò a sua volta Andrea, uno dei primi apostoli molto vicino al Signore, anch’egli con un nome greco, ed entrambi «andarono a dirlo a Gesù».

Nella richiesta di questi anonimi greci possiamo leggere la sete che è nel cuore di ogni uomo di vedere e di conoscere Cristo; e la risposta di Gesù ci orienta al mistero della Pasqua, manifestazione gloriosa della sua missione salvifica. «È venuta l’ora – Egli rispose – che il Figlio dell’uomo sia glorificato». Sì! Sta per giungere l’ora della glorificazione del Figlio dell’uomo, ma questo comporterà il passaggio doloroso attraverso la passione e la morte in croce. Solo così infatti si realizzerà il piano divino della salvezza che è per tutti, giudei e pagani. Tutti sono infatti invitati a far parte dell’unico popolo della nuova e definitiva alleanza. In questa luce, comprendiamo anche la solenne proclamazione con cui si chiude il brano evangelico: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me», come pure il commento dell’Evangelista: «Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire».

Molto opportunamente la liturgia ci fa meditare questo testo del Vangelo di Giovanni nell’odierna quinta domenica di Quaresima, mentre si avvicinano i giorni della Passione del Signore, nella quale ci immergeremo spiritualmente a partire da domenica prossima, detta appunto domenica delle Palme e della Passione del Signore. È come se la Chiesa ci stimolasse a condividere lo stato d’animo di Gesù, volendoci preparare a rivivere il mistero della sua crocifissione, morte e risurrezione non come spettatori estranei, bensì come protagonisti insieme con Lui, coinvolti nel suo mistero di croce e di risurrezione.

Parlando della sua prossima morte gloriosa, egli utilizza una semplice e insieme suggestiva immagine: «Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Paragona se stesso a un «chicco di grano disfatto, per portare a tutti molto frutto», secondo una efficace espressione di sant’Atanasio; e solo mediante la morte, la croce, Cristo porta molto frutto per tutti i secoli. Non bastava infatti che il Figlio di Dio si fosse incarnato. Per portare a compimento il piano divino della salvezza universale, occorreva che Egli venisse ucciso e sepolto: solo così tutta la realtà umana sarebbe stata accettata e, mediante la sua morte e risurrezione, si sarebbe reso manifesto il trionfo della Vita, il trionfo dell’Amore; si sarebbe dimostrato che l’amore è più forte della morte.

Tuttavia, l’uomo Gesù – che era un vero uomo con i nostri stessi sentimenti – avvertiva il peso della prova e la tristezza amara per la tragica fine che lo attendeva. «Adesso – Egli confessa – l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora?». Cogliamo in questa sua accorata invocazione un anticipo della struggente preghiera del Getsemani, quando, sperimentando il dramma della solitudine e della paura, implorerà il Padre di allontanare da Lui il calice della passione. Allo stesso tempo, però, non viene meno la sua filiale adesione al disegno divino, perché proprio per questo sa di essere giunto a quest’ora, e con fiducia prega: «Padre, glorifica il tuo nome». Con questo vuol dire: “Accetto la croce” – nella quale si glorifica il nome di Dio, cioè la grandezza del suo amore. Anche qui Gesù anticipa le parole del Monte degli Ulivi: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta». Egli trasforma la sua volontà umana e la identifica con quella di Dio. Questo è il grande evento del Monte degli Ulivi, il percorso che dovrebbe realizzarsi fondamentalmente in ogni nostra preghiera: trasformare, lasciare che la grazia trasformi la nostra volontà egoistica e la apra ad uniformarsi alla volontà divina.

Questo è il cammino esigente della croce che Gesù indica a tutti i suoi discepoli. Più volte ha detto: «Se uno mi vuole servire, mi segua». Non c’è alternativa per il cristiano, che voglia realizzare la propria vocazione. È la «legge» della Croce descritta con l’immagine del chicco di grano che muore per germinare a nuova vita; è la «logica» della Croce richiamata anche nel Vangelo odierno: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». “Odiare” la propria vita significa amare il prossimo, mettersi al servizio dei fratelli, aspirare ogni giorno alla vita eterna, seguire Cristo facendo sempre, come ha fatto Lui, la volontà del Padre suo e Padre nostro che è nei cieli. L’infinito amore di Cristo che brilla nel suo Volto risplenda in ogni nostro atteggiamento, e diventi la nostra “quotidianità”. Come esortava sant’Agostino in una omelia pasquale, «Cristo ha patito; moriamo al peccato. Cristo è risuscitato; viviamo per Dio. Cristo è passato da questo mondo al Padre; non si attacchi qui il nostro cuore, ma lo segua nelle cose di lassù. Il nostro capo fu appeso sul legno; crocifiggiamo la concupiscenza della carne. Giacque nel sepolcro; sepolti con Lui dimentichiamo le cose passate. Siede in cielo; trasferiamo i nostri desideri alle cose supreme» (S. Agostino, Discorso 229/D,1).

Ebbene, manteniamo fissi il cuore e la mente sul Volto di Cristo: quel Volto che «alcuni greci», di cui parla il Vangelo, desideravano vedere; quel Volto che nei prossimi giorni della Passione contempleremo sfigurato a causa dei peccati, dell’indifferenza e dell’ingratitudine degli uomini; quel Volto radioso di luce e sfolgorante di gloria, che brillerà nell’alba del giorno di Pasqua. Lasciamoci coinvolgere dal fascino di Cristo! Fissando, con gli occhi della fede il suo Volto, chiediamogli: «Gesù, cosa vuoi che io faccia con Te e per Te?». Guidati dal suo Spirito, assecondiamo il disegno che Egli ha su di noi. 

Invochiamo la materna intercessione di Maria, perché la nostra esistenza diventi un riflesso di quella di Cristo. Preghiamo perché quanti ci incontrano percepiscano sempre nei nostri gesti e nelle nostre parole la pacificante e consolatrice bontà del suo Volto. Amen! 

Festa della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo Anno A (6 agosto 2023)

Siamo luce solo se ascoltiamo e mettiamo in pratica la Parola del Signore!

In questa domenica la liturgia celebra la festa della Trasfigurazione del Signore. L’evangelista Matteo, infatti, riferisce che «Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte» e, mentre pregava, «il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce». Mentre avveniva questa Trasfigurazione «apparvero Mosè ed Elia, che conversavano con lui». A questo punto, Pietro, alla vista di Mosè, che era vissuto 1200 anni prima di lui, e di Elia, che era venuto otto secoli prima, disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè, una per Elia». Non aveva ancora terminato di parlare, quando una nube luminosa li avvolse. Di questo straordinario evento, la Trasfigurazione, Pietro, Giacomo e Giovanni furono testimoni. Nella seconda lettura abbiamo infatti ascoltato: «Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza».

Ebbene, su questo mistero di luce la liturgia ci invita oggi a concentrare il nostro sguardo. Sul volto trasfigurato di Gesù brilla un raggio della luce divina che Egli custodiva nel suo intimo. Questa stessa luce sfolgorerà sul volto di Cristo nel giorno della Risurrezione. In questo senso la Trasfigurazione appare come un anticipo del mistero pasquale. È Gesù il volto santo di Dio, quella Bellezza del Mistero divino che illumina il mondo e si manifesta a noi oggi come lo splendore della Verità, lo scintillio della Gloria divina. Egli è il Prediletto, l’Amato del Padre, l’Unigenito, il nuovo Mosè, che realizza in pienezza la Legge e i Profeti. La Trasfigurazione di Gesù al monte Tabor è la manifestazione del Messia crocifisso e risorto e la sua risurrezione ha debellato per sempre il potere delle tenebre del male. Con Cristo risorto trionfano la verità e l’amore sulla menzogna e il peccato. In Lui la luce di Dio illumina ormai definitivamente la vita degli uomini e il percorso della storia: «Io sono la luce del mondo. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (cf Gv 8,12). Quanto abbiamo bisogno, anche in questo nostro tempo, di emergere dalle tenebre del male, per sperimentare la gioia dei figli della luce! Soltanto sul volto di coloro che ascoltano il Cristo e si lasciano rinnovare dalla sua Parola può ormai riflettersi il volto eterno del Dio vivente. Se è vero che con Gesù possiamo finalmente «vedere», «contemplare», il volto dell’Eterno, è altrettanto vero che permane l’invito ad «ascoltare» la voce del Signore e a praticare i suoi sentieri. Il «vedere» viene dopo l’«ascolto» obbediente della Parola.

I tre discepoli sono stati condotti da Gesù verso il monte Tabor. Orbene, questa loro ascesa verso il monte ci induce a riflettere sull’importanza di staccarci dalle cose mondane, per compiere un cammino verso l’alto e contemplare Gesù. Si tratta di disporci all’ascolto attento e orante del Cristo, il Figlio amato del Padre, ricercando momenti di preghiera che permettono l’accoglienza docile e gioiosa della Parola di Dio. In questa ascesa spirituale, in questo distacco dalle cose mondane, siamo chiamati a riscoprire il silenzio pacificante e rigenerante della meditazione del Vangelo, della lettura della Bibbia, che conduce verso una meta ricca di bellezza, di splendore e di gioia. E quando noi ci mettiamo con la Bibbia in mano, in silenzio, è allora che cominciamo a sentire questa bellezza interiore, questa gioia che genera la Parola di Dio in noi.

A tal proposito poniamoci delle domande: Siamo in ascolto del Signore che parla? Ci lasciamo illuminare dalla sua Parola? Invochiamo lo Spirito Santo che è luce sul nostro cammino?

Al termine dell’esperienza mirabile della Trasfigurazione, i discepoli scesero dal monte con occhi e cuore trasfigurati dall’incontro con il Signore. È il percorso che possiamo compiere anche noi. La riscoperta sempre più viva di Gesù non è fine a se stessa, ma ci induce a «scendere dal monte», ricaricati della forza dello Spirto divino, per decidere nuovi passi di conversione e per testimoniare costantemente la carità, come legge di vita quotidiana. Trasformati dalla presenza di Cristo e dall’ardore della sua parola, saremo segno concreto dell’amore vivificante di Dio per tutti i nostri fratelli, specialmente per chi soffre, per quanti si trovano nella solitudine e nell’abbandono, per gli ammalati e per la moltitudine di uomini e di donne che, in diverse parti del mondo, sono umiliati dall’ingiustizia, dalla prepotenza e dalla violenza.

Nella Trasfigurazione, inoltre, si ode la voce del Padre celeste che dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!». Ci ottenga questo dono Maria, Vergine dell’ascolto, sempre pronta ad accogliere e custodire nel cuore ogni parola del Figlio divino (cf Lc 1,51). Voglia la nostra Madre e Madre di Dio aiutarci ad entrare in sintonia con la Parola di Dio, così che Cristo diventi luce e guida di tutta la nostra vita. Amen!

 

Il Signore e il peccato

“Ti capita spesso di cercare il Signore per discutere dei tuoi peccati. Ma i tuoi peccati non Gli interessano. Non fissare il tuo peccato, guarda piuttosto il Suo Volto beato o alla ferita del Suo costato. Guarda le Sue ferite e riceverai da esse quei flussi di grazia che guariranno le tue ferite ed esse diventeranno frutti maturi della Sua Misericordia in te.
Il Signore non nega il peccato; ne conosce l’orrore e bruttezza. Perciò ti invita di stare lontano da esso, come si sta lontano dal precipizio. Prega! La preghiera possiede proprietà medicinali ed è un rimedio Divino contro il peccato. Nella preghiera troverai la forza e la difesa di cui hai bisogno. Il tempo trascorso con il Signore, nella preghiera, consente al tuo cuore di adattarsi allo splendore del Suo Volto glorioso”.

Commento al Vangelo della II Domenica di Quaresima Anno C (13 marzo 2022)

Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!

Domenica scorsa la liturgia della Parola ci ha presentato Gesù a confronto con la tentazione, faccia a faccia con Satana nella solitudine del deserto. Oggi, invece, la liturgia ci presenta l’episodio della trasfigurazione. Questo episodio è raccontato da tutti i sinottici e la liturgia della seconda domenica di quaresima ce la presenta tutti gli anni poiché essa è segno e anticipazione della risurrezione. L’evangelista dice che «Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare». Luca è l’evangelista che insiste maggiormente sulla preghiera di Gesù: egli prega al momento del battesimo ricevuto da Giovanni (cf Lc 3, 21), prega prima di scegliere i Dodici (cf Lc 6, 12-13), prega nell’imminenza della sua passione (cf Lc 22, 39-46). Ebbene, anche la trasfigurazione di Gesù avviene nel contesto della preghiera. L’evangelista, infatti, scrive: «Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». Sul monte Gesù ha il volto luminoso e la veste candida e sfolgorante e conversa con due uomini: Mosè ed Elia, che personificano la Legge e i Profeti, ossia le Scritture dell’Antico Testamento.

È da notare che il racconto è pieno di riferimenti biblici: il monte su cui sale il Signore richiama il luogo dell’esperienza di incontro con Dio che hanno fatto Mosè ed Elia. La loro presenza visibile richiama la prima alleanza stipulata con la mediazione di Mosè e difesa dai Profeti, la quale, però, sta per essere sostituita da quella nuova ed eterna, realizzata nel sangue del Figlio. Il colloquio tra Gesù, Mosè ed Elia verte sull’esodo «che stava per compiersi a Gerusalemme». Gesù, infatti, realizzerà a Gerusalemme il passaggio pasquale dalla morte alla vita, che la pasqua ebraica simboleggiava e anticipava. «Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui». Pietro, Giacomo e Giovanni sono presentati come i testimoni prescelti di un’esperienza anticipatrice della risurrezione di Gesù, che non comprenderanno subito, ma che rimarrà loro impressa nella mente e nel cuore. Essi anche qui, come nell’orto degli ulivi, sono oppressi dal sonno, simbolo della loro resistenza ad accogliere ogni rivelazione impegnativa di Gesù, come la sua passione e morte, e non comprendono quello che sta succedendo al loro maestro. Lo comprenderanno dopo la risurrezione e solo allora potranno accettarlo e comunicarlo agli altri, come Vangelo di salvezza. Le capanne di cui parla Pietro – «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» -, mentre risultano il tentativo di prolungare l’esperienza, ricordano il pellegrinare di Israele nel deserto. La nube – «Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura» – richiama il segno della presenza di Dio presso il popolo di Israele nell’esperienza dell’esodo e la paura che invade i discepoli è la reazione tipica degli uomini della Bibbia che si rendono conto di trovarsi al cospetto di Dio. Ed infine la voce del Padre – «E dalla nube uscì una voce, che diceva: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» – che conferma che Gesù è il Figlio suo, l’eletto. L’invito perentorio ad ascoltare Gesù sta a significare che è necessario ascoltare e seguire la Parola fatta carne, Parola vivente e autorevole di Dio, per essere salvati.

Il vangelo di questa domenica ci invita, dunque, ad ascoltare, meditare e pregare la Parola di Dio.

Quando preghiamo lo facciamo con attenzione? Quando ascoltiamo e meditiamo la Parola del Signore ci lasciamo vincere dal sonno, cioè dai nostri problemi, dalle tentazioni, o siamo svegli e la ascoltiamo col cuore? Abbiamo fede nel Signore anche quando tutto sembra andar male? Nella prima lettura abbiamo ascoltato che Abramo, l’uomo della fede, dell’ascolto, della fiducia, dell’obbedienza, è rimasto fedele al Signore anche quando tutto sembrava andare contro la realizzazione delle promesse di Dio. Per la sua fede egli diventa amico di Dio e nostro padre nella fede.

In questo nostro cammino penitenziale non scoraggiamoci per i momenti di oscurità e di dubbio che incontreremo ma, come scrive l’apostolo Paolo «rimante saldi nel Signore» (II Lettura) affinché possiamo ascoltarlo col cuore e vivere la sua parola ogni giorno.

Soren Kierkegaard diceva: «La vera preghiera non è quando Dio sta ad ascoltare ciò che noi gli domandiamo; ma quando l’orante continua a pregare fino a che sia egli colui che ascolta: che ascolta ciò che Dio vuole».

Preghiera a santa Lucia vergine e martire

A te,
o gloriosa vergine e martire Lucia,
ci rivolgiamo con fiducia.
Ascolta le nostre preghiere.
Tu che ora godi
in Cielo il volto
splendente di Dio,
proteggi la nostra vista
affinché possiamo un giorno,
anche noi, contemplare con i nostri occhi la gloria
del Signore nostro Dio.
Insegnaci a pregare
come tu hai pregato.
O santa Lucia,
prendici per mano,
aiutaci ad amare Gesù
come tu lo hai amato,
e guidaci verso di Lui. Amen!
(Don Lucio)

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora