Commento alla Passione del Venerdì santo (15 aprile 2022)

Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito

La liturgia del Venerdì Santo si svolge in tre momenti: liturgia della Parola, adorazione della Croce, Comunione eucaristica. Il sacerdote, recandosi all’altare, fa la debita riverenza, e poi si prostra a terra o si inginocchia. Qual è il significato di questo gesto? Prostrarsi o inginocchiarsi ci ricorda il Signore Gesù che, per l’angoscia, si prostra nell’orto degli ulivi. Nella prima lettura il profeta Isaia parla del servo di IHWH come di qualcuno che avrà successo, che sarà onorato, innalzato. Lo stupore per la sua vittoria supererà infinitamente tutto il male che l’uomo ha programmato di riversargli addosso. Questo servo, però, prima di avere successo, di essere onorato, esaltato e innalzato, dovrà soffrire. Il profeta, infatti, scrive: «Disprezzato e reietto dagli uomini […], egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori […]. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. […] Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca». Il servo del Signore, che noi cristiani identifichiamo con il Cristo Signore è, dunque, l’Agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo; che nell’orto degli ulivi si è rivolto al Padre dicendo: «[…] non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (cf Lc 22, 42); colui che «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (cf Fil 2, 8).

Nella liturgia del Venerdì Santo, infatti, meditiamo il mistero della morte di Cristo e adoriamo la Croce. Negli ultimi istanti di vita, prima di consegnare lo spirito al Padre: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (cf Lc 46, 23), Gesù, scrive l’evangelista Giovanni, disse: «È compiuto!». Che cosa significa questa parola? Significa che l’opera della salvezza è compiuta, che tutte le Scritture trovano il loro pieno compimento nell’amore del Cristo, Agnello immolato. Gesù, col suo sacrificio, ha trasformato la più grande iniquità nel più grande amore.

Adorando la croce, guardando Gesù e volgendo lo sguardo al suo volto trasfigurato, pensiamo all’amore che ha avuto per tutti noi. Lasciamoci, anche noi, guardare dal Cristo sofferente poiché il suo sguardo è dono di perdono e invito alla conversione. Il bacio che daremo a Gesù crocifisso sia segno di una profonda, convinta, adesione a lui.

Noi, che siamo dei pellegrini in cammino verso la Gerusalemme celeste, siamo invitati a riprendere il cammino con lui, dietro di lui. Nessuno di noi conosce il giorno e l’ora del nostro arrivo nella Patria beata, però, quando quel giorno arriverà, essendoci sforzati di fare ogni giorno la volontà di Dio, possiamo esclamare dicendo: “Padre, ho fatto quello che ho potuto. È compiuto!” Amen.

PREGHIERA A GESÙ CROCIFISSO

O Signore, dall’alto della croce, dove ingiustamente sei stato crocifisso, hai affidato la tua santissima Madre a Giovanni e Giovanni, l’apostolo da te amato, alla tua amata Mamma.
Da quella croce hai chiesto al Padre di perdonarci: “Padre perdona loro quello che fanno”.
Su quella croce hai effuso, dal tuo fianco squarciato, sangue e acqua.
Per mezzo di quella croce il mondo è stato salvato.
Aiutaci o Signore Gesù, ad amarti sempre più e a portare ogni giorno la nostra croce.
Sostienici in questo nostro pellegrinaggio terreno e fà, o Salvatore del mondo, che per intercessione della tua santissima Madre Addolorata, impariamo a fare sempre la santa volontà del Padre nostro che è nei cieli, come tu stesso ci hai insegnato. Amen!
(Don Lucio)

Venerdì santo: Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo (2 aprile 2021)

Dalle sue piaghe siamo stati salvati

Oggi riflettiamo sulle sofferenze di Gesù. Subito dopo la cena pasquale, egli viene tradito e venduto da Giuda, abbandonato e rinnegato dagli apostoli. È flagellato, schernito e condannato a morte. Gesù è condannato dal potere politico, che capisce la trama che è stata ordita contro di lui e afferma: «Io non trovo in lui colpa alcuna». Nelle loro mani Gesù non è più un uomo ma, per come viene trattato, diventa una cosa.

Gesù ha voluto soffrire come noi e più di noi. Ha voluto andare fino in fondo nella sua missione e nel suo impegno di farsi uomo tra gli uomini. Maria, la sua santissima madre, condivide con il figlio la sofferenza: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima» (cf Lc 2,35), le aveva detto il vecchio Simeone. Maria, madre di Gesù, ai piedi della croce diventa madre di noi tutti. Giovanni infatti scrive che presso la croce «Stavano sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”».

Gesù, dunque, morendo, in Giovanni vede tutti noi e ci dà Maria perché sia nostra madre, nostra sorella nel cammino di fede, alla sequela di Gesù fino alla Pasqua definitiva.

Il Salvatore del mondo, inoltre, prima della crocifissione viene privato delle sue vesti. È umiliato e denudato, come qualunque malato di un ospedale, come qualunque condannato. Egli ha le mani e i piedi inchiodati alla croce. La crocifissione è una delle condanne più crudeli dell’antichità. Era riservata per legge agli schiavi, ai prigionieri di guerra e ai rivoltosi. L’imperatore Tito, dopo l’assedio di Gerusalemme, fece crocifiggere fuori della città gli sconfitti, 500 al giorno, fintanto che non ci fu più posto dove piantare le croci (così racconta lo storico Giuseppe Flavio). Soltanto con Costantino, nel 341, la crocifissione venne ufficialmente abolita. E Gesù ha voluto condividere questa pena. Non ci resta che adorare, di fronte a lui che soffre e perdona.

Prima di morire, Gesù ha sete: «Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito». Subito dopo la morte i soldati, annota l’evangelista: «Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua». Quel sangue e quell’acqua sono il simbolo del battesimo e dell’Eucaristia.

Il Redentore del mondo è morto e viene deposto in grembo a Maria, come quando era bambino. Tutto sembra finito!

Con la sepoltura, Gesù, come ogni uomo che muore, è nella pace. Ma qualcosa è già nell’aria. Le sue parole che ha detto più volte sono state chiare: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (cf Gv 2,19). Ben presto il cielo si riaprirà per sempre! È la gioia della Pasqua che nasce dalla sofferenza. Perché sempre la gioia nasce da una vita donata.

Camminiamo con Maria, la vergine addolorata, aiutati dal suo esempio e dalla sua preghiera, dietro al Signore Gesù, conservando gelosamente nel cuore i suoi gesti e le sue parole e aspettando il loro compimento.

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